Archeologia

I palmenti rupestri: storia, cultura e memoria della civiltà contadina

L’origine del nome “Palmento” è incerta; per la maggior parte dei linguisti il nome deriva dal latino pavimentum (pavimento, selciato) su cui la macina gira, e anche quando per palmento si intende la vasca per la pigiatura e la fermentazione dell’uva, torna il riferimento al pavimento della vasca, duro, di pietra. Per altri invece potrebbe derivare da pavire (battere), quindi l’atto del battere, pigiare o ancora da palmes, tralcio della vite. Con il termine Palmento, in Sicilia, si indica il locale di pigiatura e vinificazione dell’uva. Nei palmenti avveniva la pigiatura delle uve e la fermentazione del mosto. Ancora oggi, alcune famiglie, pochissime a dire il vero, utilizzano i palmenti per fare il vino, avendo cura di salvaguardare la struttura e le vasche scavate nella roccia, mantenendo viva la storia, la cultura e la memoria della civiltà contadina.

Il palmento più antico di Sicilia

Di grande impatto storico e archeologico sono i palmenti rupestri, antichi opifici agricoli per la premitura dell’uva, ricavati, in aperta campagna, su grossi monoliti di natura sedimentaria. Si tratta di strutture primitive ricavate nella roccia con una faticosa e intelligente opera di scavo, luoghi che nell’antichità erano destinati alla pigiatura delle uve e alla fermentazione dei mosti. Visitare uno di questi palmenti è come fare un salto indietro nella storia della viticultura moderna. Uno dei palmenti più antichi della Sicilia, di circa 2500 anni fa, si trova arroccato sulla collina di Sambuca di Sicilia, nel cuore delle terre Sicane.

I palmenti rupestri in Sicilia

I palmenti rupestri solitamente sono formati da due vasche comunicanti tra loro tramite un foro. Nella vasca superiore l’uva veniva versata, poi pigiata e lasciata riposare. Si lasciava cadere il mosto in quella sottostante perché seguisse la fermentazione.  Per la spremitura dell’uva si poteva applicare una pressa, nella vasca di pigiatura. I palmenti, esistenti in Sicilia, oggetto di itinerari turistici, (famoso l’itinerario della valle dell’ Alcantara e delle terre dell’Etna) sono solitamente in aree lontane dai centri urbani, là dove c’è la presenza di pietra arenaria, e sfruttano, nella localizzazione delle vasche, la pendenza naturale della roccia per favorire il deflusso del mosto. E’ difficile collocare i palmenti rupestri in una data precisa perché sono stati riadattati nei secoli con modifiche alla pianta originale.

I palmenti rupestri sono dei beni culturali, ormai diventati parte integrante del paesaggio. È compito delle comunità locali e degli studiosi tutelare e valorizzare le antiche strutture, altrimenti lasciate in stato di abbandono. Il “palmento” fa parte della cultura delle comunità agro-silvo-pastorali che hanno lasciato in eredità fino ai giorni nostri. Nel territorio del Comune di Sinagra oggi è ancora possibile individuare la “strada dei palmenti”, dove sin da tempi lontani la comunità gestiva la lavorazione e la produzione del vino. La città “ospita”  52 palmenti, pezzi importanti di storia e cultura locale, censiti ed addirittura inseriti nel Registro delle Eredita’ Immateriali Siciliane.

A Castiglione di Sicilia è stato approvato il progetto di recupero di 4 palmenti rupestri di grande interesse archeologico e storico-culturale, lungo l’antica Via Regia che collegava Castiglione con Linguaglossa e Montalbano Elicona, in contrada  Santa Maria La  Scala.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button