A Poggioreale il pane diventa opera d’arte. Lo “Squartucciatu” tra arte, cultura, tradizione e fede
Le cene di San Giuseppe, celebrate in Sicilia il 19 marzo, nascono come atto di ringraziamento e devozione al santo custode della sacra famiglia di Nazareth. Si tratta di una festa dalle origini molto antiche, collegata al culto di Demetra e Persefone. Per festeggiare l’arrivo della primavera, infatti, i contadini offrivano alla dea i prodotti tipici della terra.
Successivamente il cristianesimo con la sua iconografia prese il sopravvento sul rito, anche se in alcuni simboli si può intravedere ancora oggi l’origine pagana del rito.
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Uno di questi simboli, giunto fino a noi è lo “Squartucciatu”, un artistico pane, ripieno di un composto a base di fichi, lavorato e intagliato finemente, che veniva preparato dalle comunità precristiane per festeggiare il pane e augurarsi una fiorente e nuova stagione di semina e raccolta.
A Poggioreale, uno dei paesi andati distrutti e ricostruito a poca distanza dopo il terremoto che nel 1968 scosse il Belìce, si porta avanti ancora oggi questa straordinaria e antichissima tradizione contadina che con l’avvento del Cristianesimo venne legata alla figura di San Giuseppe, padre della divina provvidenza, trovando posto nei preziosi e “barocchi” altari devozionali dedicati al Santo.
Alcune forme degli squartucciati, come la croce, il pesce, il pavone e la palma, si rifanno all’iconografia paleo-cristiana, mentre altre come il bastone di S. Giuseppe e, ancora, l’ostensorio, gli angeli, i fiori, il cuore, sono legati alla tradizione popolare. Collocati a metà strada tra il pane e il dolce, vengono donati ai tre poveri, rappresentanti Gesù, Maria e Giuseppe, invitati a pranzo nel giorno del 19 Marzo.
“Squartucciatu” significa lavorato finemente ad intaglio, e perché l’intaglio sia valorizzato al massimo è necessario che sia soprapposto a uno strato sottostante composto da una pasta di fichi secchi di colore marrone.
Si tratta di un lavoro interamente realizzato a mano, con abilità e sapienza, frutto di tradizioni che tramandano sapere e segreti antichi di migliaia di anni. Un’arte quella dello “squartucciare” che rappresenta l’albero della vita i cui rami, dai motivi più vari, formano una fitta e stretta maglia che mai si interrompe e al cui interno è racchiusa simbolicamente la cultura agropastorale siciliana.
Singolare che questa tradizione sopravviva e rappresenti la continuità proprio in un paese che al terremoto ha dovuto pagare il prezzo più alto, quello di abbandonare il territorio devastato per ripartire altrove!