Letteratura

“I Malavoglia”: il capolavoro di Giovanni Verga, il Manzoni siciliano divenuto padre del Verismo

“I Malavoglia” è un romanzo che apparve sulla scena letteraria nel 1881, accolto con indifferenza e diffidenza. Bisognerà aspettare la fine del primo dopoguerra perché il più noto romanzo di Giovanni Verga acquisisca la giusta notorietà e prenda il meritato posto, accanto ai Promessi Sposi, tra i romanzi più importanti dell’Ottocento per essere poi, alla fine del secondo dopoguerra, fonte e ispirazione per il capolavoro cinematografico del maestro Luchino Visconti con “La terra trema”.

Foto di Cat027 – Stock.adobe.com

Giovanni Verga è nato a Catania, il 2 Settembre del 1840, da famiglia benestante in un periodo in cui l’Italia era attraversata da venti di patriottismo e forti spinte indipendentiste che sarebbero sfociate poi nell’unità d’Italia. Lo scrittore, andato via dalla Sicilia, aveva interrotto gli studi universitari e si era dedicato al giornalismo; aveva scritto i suoi primi romanzi e aveva frequentato i salotti letterari di Firenze prima e di Milano poi. Finché ritornato definitivamente in Sicilia, nominato senatore, vi morì il 27 Gennaio del 1922 a 81 anni.

Giovanni Verga è il maggiore rappresentante del “Verismo”, un movimento letterario che nasce in Italia alla fine dell’800. Il suo romanzo, I Malavoglia, nasce all’interno di un progetto di narrazione come primo anello del “Ciclo dei vinti”, un insieme di romanzi dove a dominare è la lotta dell’uomo che, partendo dal basso, tenta il riscatto sociale anelando al progresso. In questo primo romanzo del ciclo, Verga racconta la vita di una famiglia di pescatori siciliani, di Aci Trezza, i Malavoglia, appunto, che in effetti si chiamano Toscano; sono brava gente e di buona volontà, soprannominati “Malavoglia” dai compaesani, com’era usanza, per significare, invece, la loro buona voglia di lavorare.

Questi protagonisti attraversano mille sventure per riuscire “a stare in piedi” in un periodo storico in cui irrompe la modernità, rappresentata dalla Rivoluzione industriale e dove, grazie all’unità d’Italia, il giovane ‘Ntoni viene chiamato a fare il servizio militare, lascia il paese e viene quindi in contatto con il “progresso”. Tutti i componenti della famiglia cercano di riscattarsi dalla loro situazione umile, fatta di stenti, e cercano di agguantare il progresso, improvvisandosi commercianti. Ma la loro “Provvidenza” naufraga con tutti i lupini; loro s’indebitano e le sventure si susseguono. Così perdono anche la “Casa del nespolo” che era il simbolo e la stabilità di padron ‘Ntoni, il capofamiglia.

Altre sventure e scelte di vita, non proprio abituali e limpide, dei componenti di questa famiglia, fanno precipitare nel baratro tutti anche se, infine, c’è un tentativo, mal riuscito, di riscatto. Verga in questo romanzo fotografa un periodo storico con una descrizione e un’analisi dei fatti che sono lo spaccato preciso e attento della realtà sociale del momento in una determinata collocazione geografica.

A rendere il romanzo così vero è lo stile della narrazione. Quel suo procedere passando dal racconto dialogato al dialogo raccontato senza che alcuna regola risulti infranta; senti la voce del paese che parla, non dà giudizi né rivolge sguardi malevoli; non senti il dialetto che confligge con l’italiano, senti i protagonisti con i loro modi di dire, con i proverbi che si fanno racconto e assurgono a poesia. Anche la sintassi diventa funzionale alla parlata.

Lo scrittore dà il giusto colore ai pensieri che nascono dall’anima dei parlanti stessi; trasformando i tempi dei verbi cambia la prospettiva, dal singolare passa al plurale e il parlato diventa corale, parla il paese e ti si stagliano, in un affresco, immagini di vicinato, di donne affacciate sull’uscio a dire e annuire.

Questo romanzo è nella mia anima, è tante cose per me; è stato un accarezzare le sofferenze, perdonare le debolezze, sostenere i sogni, incoraggiare le ambizioni, abbracciare i cambiamenti, sostenere gli ultimi. E’ stato essere sempre e comunque dalla parte dei vinti, quelli che hanno lottato e, malgrado tutto, non ce l’hanno fatta.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button