Flora e fauna

La rinascita dei vitigni autoctoni siciliani dopo la catastrofica pandemia causata dalla fillossera

La vite è una pianta che ha bisogno delle “quattro stagioni”, soffre per le condizioni atmosferiche avverse. Teme le gelate primaverili e l’eccessivo caldo estivo, ha bisogno di luce e di giusta piovosità. Il sole ha un ruolo di primo piano nella coltivazione della vite: una posizione soleggiata infatti aumenta il grado zuccherino dei grappoli d’uva. Il terreno è meno determinante rispetto al clima, purché sia ben drenato poiché la vite teme i ristagni d’acqua. La vigna in genere preferisce le terre povere, anche di acqua. Questo fa sì che la pianta affondi le radici alla ricerca dell’acqua in profondità.

Fillossera su foglia di vite – Foto di PinzidPubblico dominio, Wikimedia Commons

All’inizio la viticoltura e quindi la produzione del vino poteva sembrare appannaggio delle grandi famiglie e della classe dominante. Ma il vino è stato per millenni patrimonio anche del popolo perché lo lavorava, lo accudiva e ne seguiva la trasformazione dal grappolo al mosto sino al prodotto finale, che dava quel senso di euforia a chi lo beveva tanto da collegare il vino ad una dimensione magico-religiosa. Infatti in diversi paesi siciliani il rito della raccolta e trasporto dell’uva dalla vigna al palmento era accompagnato da strumenti musicali, come la brogna. Possiamo affermare che il vino ha accompagnato da sempre la storia degli abitanti della Sicilia, arricchendosi delle conoscenze importate dai vari popoli che l’hanno dominata.

I Greci introdussero la potatura, la selezione varietale e la coltura ad alberello. Nei piccoli appezzamenti di terreno, dove c’era limitata disponibilità d’acqua e clima sfavorevole, questo tipo di coltivazione veniva praticato. Era caratterizzato da uno sviluppo basso della pianta, appunto ad alberello, con un limitato carico di gemme. Questo tipo di coltivazione si serviva poco di mezzi meccanici, la lavorazione del terreno e la cura delle piante era affidata alle mani dei familiari o dei pochi soci della piccola proprietà che producevano e vinificavano per il loro esclusivo fabbisogno.

Foto di form PxHere

Nel 1881 arrivò il flagello della Fillossera. La devastazione dei vitigni fu totale. Il reimpianto delle viti durò più di 50 anni. Durante questo lungo periodo il mondo era cambiato e i vini molto alcolici che si producevano in Sicilia, che servivano all’industria vinicola del Nord, come la Toscana, il Piemonte, il Veneto e la Francia, non erano più richiesti. Dopo un periodo di assestamento durato una ventina di anni, dagli anni ’70 si capì che bisognava rinnovare tutto il patrimonio vinicolo: furono estirpati i vecchi ceppi, si recuperarono quasi tutte le viti autoctone e si è assistito di recente al fiorire di piccole e medie aziende che in pochi anni hanno conquistato tutti i mercati del mondo, ponendosi ai vertici per qualità e varietà.

Vigneto – Foto di form PxHere

La coltivazione ad alberello di Pantelleria, di uve Zibibbo dopo un iter molto lungo finalmente è stata inserita nel prestigioso elenco dei Patrimoni Culturali dell’Umanità. Si tratta della prima modalità di coltivazione ad ottenere il prestigioso riconoscimento. L’Unesco ha sottolineato l’importanza di questa modalità di coltivazione non solo dal punto di vista economico per il territorio della piccola isola (essendo le uve ricavate da questi vigneti materia prima per la vinificazione del pregiato Zibibbo di Pantelleria), ma anche da quello sociale, come elemento comune e identitario della cultura e della storia degli abitanti dell’isola stessa. La coltivazione della vite ad alberello di Pantelleria è un modo tradizionale di coltivare la vite facendo delle buche nel terreno profonde circa 20 centimetri e ponendovi a dimora i  piccoli alberelli posti allo scopo duplice di ripararli dal forte vento e di poter sfruttare al massimo le scarse risorse d’acqua del terreno.

Nella viticoltura specializzata l’alberello venne abbandonato a favore di forme di allevamento in parete in grado di offrire rese più alte e di integrarsi meglio con la meccanizzazione.

La Sicilia, grazie alle sue tante caratteristiche geografiche e alle diverse morfologie dei terreni produce grandi varietà di uve con caratteristiche differenti. Le coltivazioni infatti avvengono in territori molto diversi tra loro per altitudine, clima e conformazione. Si va dalle zone costiere di Agrigento a quelle collinari di Trapani e Marsala fino ad arrivare a quelle più elevate del Vulcano Etna. Ci sono poi molte zone interne dell’isola con eccellenti produzioni, tra cui Palermo, Ragusa e Siracusa. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli Correlati

Back to top button