Dalla mattanza alle tonnare volanti. Il viaggio dei tonni dalle reti ai nostri piatti, in ricette prelibate
La pesca del tonno rosso con le tonnare, metodo oggi quasi in disuso, era una vera e propria mattanza. Il nome, che deriva da matar, molto significativo, vuol dire uccidere e racchiude il modo cruento con il quale si uccidono i tonni soprattutto nella fase finale della cattura.
La mattanza, era molto diffusa nella provincia di Trapani. Si svolgeva, oltre che a Trapani, a Favignana, Formica, Bonagia, Scopello, Castellammare del Golfo, San Vito Lo capo, Capo Granitola, anche a Capo Passero e Portopaolo e poi nelle coste sarde, a Sant’Antioco, Portoscuso, Porto Paglia, Carloforte e Stintino.
Questo tipo di pesca è andato, via via, scomparendo a causa della diminuzione dei tonni per l’inquinamento ma, soprattutto, a causa della pesca di tipo industriale con le tonnare volanti che intercettano i banchi di tonni molto prima che questi si avvicinino alle coste.
Infatti, verso i primi di maggio, i tonni seguendo le loro rotte, attraverso lo stretto di Gibilterra, entrano nel Mediterraneo, carichi di uova per andare a deporle sulle coste che sono bagnate dalle acque calde.
Queste migrazioni, chiamate viaggi d’amore per il loro chiaro obiettivo che è la riproduzione, consentivano una pesca redditizia dal momento che i tonni si spostano in banchi numerosi, sono pesci grossi, dalle carni pregiate e delle quali si usa tutto, tanto da essere definiti maiali di mare.
I tonnaroli iniziavano a “calare le reti” in aprile. Reti lunghissime, anche di 4 o 5 chilometri, disposti in maniera da creare delle camere che, “invitando”i tonni ad addentrarsi, li portavano dritti alla “camera della morte” da dove non potevano più uscire. Una sorta di labirinto dove avvenivano battaglie cruente tra di loro, durante le quali si ferivano, agitandosi freneticamente, perchè rimanevano stretti, senza ossigeno e cercavano inutilmente di liberarsi.
Quando arrivavano le barche, agli ordini del rais, per il recupero del pescato, queste accerchiavano le reti all’altezza dell’ultima camera, quella dove erano finiti i tonni e li recuperavano arpionandoli e ferendoli a morte, con ripetute mazzate e, al grido di “ah-issa”, issavano i tonni a bordo e il mare tutt’intorno si tingeva di rosso.
La pesca del tonno ha origini antichissime. Risale ai tempi in cui l’uomo, che si era fermato sulle coste, cercò di trarre cibo dal mare fermando la sua attenzione su quei pesci che, presentandosi in tanti, erano più facili da prendere con i loro strumenti di pesca primitivi. E il tonno rosso era proprio un pesce che rispondeva a questi requisiti. L’ultima mattanza svoltasi nella tonnara di Favignana risale al 2007. L’ultima in Sardegna nel 2015, sebbene il ministero ne autorizzi sei in tutt’Italia.
Ciò che si mangia del tonno, per il quale vale il detto “non si butta via niente”, sono: ventresca, bottarga, cuore di tonno, ma anche musciame, lattume e buzzonaglia. Molti i piatti gustosi a base di tonno fresco, insaccato, essiccato, sotto sale o inscatolato. Per il piacere di gustarli come primi piatti, aperitivi, stuzzichini, secondi e persino grattugiato o, ultimamente anche sulla pizza. A ognuno il suo!
Un ringraziamento speciale a Fabio Marino fotografo per i bellissimi scatti di quest’articolo. Potete trovarne altri visitando il suo sito internet al seguente link https://www.fotoegrafica.net/