di Sergio Pace
In passato ogni città commerciale o portuale disponeva di una propria cinta muraria fortificata, con tanto di diverse porte di accesso al centro cittadino. E così pure Trapani aveva le sue mura e le sue porte. Lo sviluppo delle fortificazioni della città di Trapani va ricondotto al periodo aragonese. Nel Trecento il porto di Trapani rappresentava un punto nevralgico per le rotte mediterranee dei commerci e per le navi che approdavano qui per il necessario rifornimento.
Con il progetto di Giacomo II d’Aragona, stilato nel 1286, la forma urbis quadrangolare venne modificata e proiettata verso ponente, il cosiddetto quartiere Palazzo, con un generale riassetto di edifici sacri e civili. Il re operò un sostanziale rafforzamento del Castello di Terra e della cinta muraria. Il nuovo tessuto urbano risultò essere diviso in cinque zone: accanto ai due nuclei d’insediamento più antichi si aggiunse il quartiere della Rua Nova; nella parte peninsulare, all’interno della zona cosiddetta “Palazzo”, sorsero i quartieri di San Francesco e San Lorenzo.
All’ampliamento della città ed allo sviluppo della cortina muraria si accompagnò la costruzione di diverse porte. A tal proposito, il Pugnatore riferisce che “Re Giacomo d’Aragona aprì d’intorno a tutto il giro delle nove muraglie undici pubbliche porte”. Nella zona sud vennero aperte cinque porte , “che da levante a ponente per ordine sono: la prima dè Pescatori, la seconda delle Putielle, la terza detta della dogana, la quarta dè Genovesi e la quinta detta Serissa”. Nella zona ovest venne aperta la Porta dei Pescatori; a nord si trovavano la Porta delle Bottegarelle, quella della Madonna del Gallo e quella della Bucceria, mentre nella parte vecchia della città, ad ovest, si aprivano la Porta di Terra e la Porta Reale, così chiamata “per essere dal detto re Giacomo stata fabbricata”.
La famosa Porta Serisso si apriva nel quartiere di San Francesco di fronte al porto e, all’interno delle mura, si trovava in corrispondenza, al lato opposto, di Porta Botteghelle che si trova in zona tramontana. Secondo quanto riporta il Serraino, proprio vicino porta Serisso, durante il periodo aragonese, venne eretta la Chiesa di Gesù e Maria sulle rovine dell’ex chiesa di Santa Barbara ed antica cappella del Consolato dei fiorentini. Questa piccola chiesa doveva trovarsi nel luogo in cui oggi sorge il Palazzo Poma. Nella parte sinistra, al di fuori della Porta Serisso, riferisce Benigno da Santa Caterina, aveva luogo un’immagine antichissima di “Gesù Crocifisso, Maria Addolorata e S.Giovanni, ed il giorno 3 di Maggio se gli fa la festa”.
Inoltre, nei pressi della porta, davanti alla chiesa della Congregazione del Sacro Cuore di Gesù (o di Gesù e Maria), si trovava un’immagine di Gesù e Maria con al centro una croce piantata, oggetto di devozione. La tradizione vuole che la Congregazione di Gesù e Maria sia stata fondata dal già citato Felice Serisso, il mercante che diede il nome alla porta nei pressi della suddetta Congregazione. Lo stesso Benigno ricorda che fu proprio Felice Serisso a volere che la propria casa venisse trasformata in una chiesa, la chiesa di Gesù e Maria appunto. Particolare interesse desta la storia che c’è dietro al nome di Porta Serisso. La porta, secondo la tradizione, come abbiamo detto, prende il nome dal mercante trapanese Felice Serisso, il quale possedeva il proprio palazzo nei pressi della porta. Secondo Benigno, Felice Ajuto, o come tutti lo chiamavano Felice Serisso, possedeva un fondaco nella zona dell’odierna via Botteghelle, era un mercante di schiavi mori ed armava diverse navi. La sua attività commerciale diventava sempre più redditizia ed i suoi ottimi affari si legavano anche al traffico del grano, del sale e dei salumi di tonno.
Al personaggio in questione è legata una storia di amore e sangue con un epilogo tragico, che quasi tutti i trapanesi avranno sentito raccontare. Infatti, ci riporta sempre Benigno da Santa Caterina, Felice Serisso aveva catturato uno schiavo saraceno e lo aveva condotto a casa sua. Ad un certo punto però, fra Madame Serisso, la sposa di Felice, e lo schiavo scoppiò l’amore. I due amanti dunque fuggirono alla volta di Tunisi.
Nel frattempo, Serisso si mise alla ricerca dei due amanti ma cadde vittima dell’assalto di una nave pirata, allestita proprio dallo schiavo saraceno. Così si ritrovò ad essere schiavo dei due fedifraghi. Serisso, comunque, ogni giorno che passava, covava la sua personale vendetta che si concluse con l’uccisione dello schiavo e la decapitazione della moglie con una sciabola. Tornato a Trapani con la testa mozzata della moglie riposta all’interno di una sacca, “alla Cantonata della sua casa, appese la testa recisa della moglie, ad esempio di quelle consorti infide, che tradiscono i loro mariti”.
Nel frattempo la testa della moglie si era imputridita e la sostituì con una copia in marmo, posizionata in una nicchia, ricavata sullo spigolo dell’abitazione. Porta Serisso, successivamente, venne chiamata porta Ossuna dal 1612, in onore del vicerè di Sicilia Pedro Giròn de Osuna, carica che ricoprì dal 1611 al 1616.
Testimonianza di tale evento è rappresentata dalla chiave di volta, con relativa iscrizione, custodita al Museo Pepoli di Trapani. Pedro Giròn de Osuna, figura sicuramente importante all’interno del regno di Filippo III di Spagna, fu protagonista di diverse operazioni militari, condotte con lo scopo di frenare la potenza navale dell’impero ottomano nel Mar Ionio, nel Mar Adriatico e nel Canale di Sicilia. Profonda era la sua devozione per la Madonna di Trapani, cui donò in omaggio per la cappella un lampiere d’argento nell’ottobre 1615. Nel tesoro dell’Annunziata vengono elencati altri doni e ricordi del Duca d’Ossuna: una grande lampada d’oro in seguito rubata da alcuni ladri; le due corone d’oro della Vergine; 7 grandi lampi d’argento ed una gioia con 36 diamanti.
La chiave di volta con l’iscrizione lapidale era incastonata sulla porta Serisso e, in un primo momento, guardava dalla parte della marina. In seguito, fu posizionata sul lato posteriore della porta stessa, durante i restauri svoltisi nel luglio ed agosto 1871. Ricordiamo, infatti, che con la perdita della qualifica per la città di Piazza d’Armi nel 1862, si procedette all’abbattimento del sistema di fortificazione e la porta Ossuna perse ogni funzione. Gli ultimi resti dell’arco che sormontava la porta, assieme alla testa muliebre marmorea, posizionata nella nicchia dello spigolo dell’edificio trecentesco, vennero abbattuti negli anni ’60 per la costruzione del palazzo Poma.