I Lemmi, caratteristiche ceramiche siciliane di origine araba, legate alla tradizione e ai ricordi
Nella lingua siciliana tutto parla di storia, cultura e popoli, di invasioni, passaggi e dominazioni, di sapori, colori e sentori, di gente del Mediterraneo. Più grande e profonda è la storia di un popolo più ricca è la sua lingua, perché la lingua di un popolo è il riassunto della sua stessa storia.
Molte parole dialettali siciliane non sono traducibili in italiano; spesso le possiamo accostare a parole straniere o a lingue così dette morte, ma vivissime nelle nostre radici. Molte parole sono di origine araba, molte di origine greca, altre palesemente francesismi per un influsso normanno o angioino. Alcuni termini sono decisamente di provenienza catalana o castigliana.
Tra i vari termini dialettali quasi scomparsi oggi, se non come patrimonio dei più anziani, oggi parliamo del termine lemmo. Si tratta di quel bellissimo contenitore di terracotta smaltato, vetrificato dalle inconfondibili tonalità del verde smeraldo punteggiato di bianco o viceversa o ancora nelle tonalità di azzurro e bianco.
Dobbiamo agli Arabi la tecnica dell’invetriatura e dell’impermeabilizzazione utile a rendere tali recipienti adatti all’uso alimentare. Molti sono i centri di produzione della ceramica in tutta l’isola. La qualità dei prodotti naturalmente dipende sia dalle argille che dalla creatività, bravura e maestria dei nostri artigiani.
La sua forma di tronco di cono lo rendeva utile, anzi indispensabile, alle nostre nonne per la conserva, in primis, dell’estratto di pomodoro, “u strattu”, grande risorsa che non doveva mancare nelle case per i più svariati usi di cucina. Oppure veniva usato per la salatura delle olive, che avveniva e avviene tuttora, cambiando spesso l’acqua e sale, per togliere quell’amaro che si disperde nell’acqua, prima di passare a gustosissimi antipasti, come “alivi scacciati”, o come ingredienti e condimenti per vari piatti da leccarsi i baffi, tra cui la famosa caponata!
Oggi il lemmo, oggetto della tradizione, dal grande fascino e simbolo di sicilianità, nelle varie misure, lo troviamo, quasi souvenir, oggetto d’arredo in ogni casa, non solo di siciliani! Ma ancora, nelle misure piccole, “lemmiceddi”, per servire aperitivi, gelati, caldo freddo, o ancora, con ostentato orgoglio, lo troviamo in cucina, come componente aggiuntivo nei più moderni servizi, per contenere aromi, spezie e tutto ciò che può rendere colorata una giornata tra i fornelli, anche in quei ristoranti che hanno a cuore le tradizioni.
Perché, sommersi dall’eccesso di modernismo, ci fa bene fermarci a sognare, per non perdere quel filo invisibile che lega il passato al presente, che attraversa i nostri ricordi e ci fa sentire a casa, anche quando non lo siamo fisicamente.
Queste ciotole, oggi rivalutate, si trovano in vendita nei negozi di ceramiche siciliane e sono molto richieste. E come per altri settori vengono rivisitate a richiesta, nei colori e nelle forme, mentre, per non perderne la memoria storica, i più datati sono addirittura esposti in alcuni musei, a tema.