Storie

11 ragazzi siciliani, con sindrome di Down, diventano mastri birrai grazie a “Sosteniamoci Insieme”

Era il lontano 1977. Con la legge 517/77 quell’anno si procedeva, assieme ad altre riforme nella scuola, all’abolizione delle classi “differenziali” (dette anche speciali, per mitigarne il vero significato) allo scopo di consentire a tutti gli alunni “svantaggiati”, in situazione di Handicap, di accedere alle scuole elementari e medie inferiori, “normali“, come si chiamavano allora. Questa riforma, rivoluzionaria, prevedeva la formazione di insegnanti di sostegno e prevedeva di assegnare un minor numero di alunni alle classi dove venivano “inseriti” alunni disabili.

Arrivò settembre. Io avevo “lasciato”, a giugno, la quinta e “prendevo” la classe prima. Fu allora che arrivò Alberto! Biondo, capelli dritti come spaghettini, con i suoi occhi a mandorla spauriti, la frangettina ostinatamente sulla fronte, decisa a non muoversi, anche se lui, ripetutamente, tentava di spostarla soffiando verso l’alto. La mamma più spaventata di lui, quasi lo nascondeva.

Ho avuto paura. Credo di aver provato la stessa paura, io che non sono stata madre, delle giovani mamme cui viene messo in braccio il piccolo appena partorito, che hanno paura di rompere, che si sentono inadeguate, spaventate, incapaci. Ecco, credo, con un po’ di imbarazzo, di aver provato quella sensazione. Ero giovane! Era tutto nuovo. Non ricordo come sia andato nell’immediato, ricordo mamma Carmen che all’uscita da scuola me lo strappava quasi dalle mani, per allontanarsi in fretta, quasi a scomparire. Ricordo il papà di Katia – “Quel bambino non deve stare qua!”

E poi tutti i compagni, ma proprio tutti, erano diventati una cosa sola con Alberto e per Alberto. Nessuno di noi lo ha visto diverso, ci era naturale proteggerlo, forse non dovevamo, ma nessuno ci aveva insegnato come fare e noi agivamo di cuore. Ho avuto il sostegno di una collega diventata amica. Abbiamo fatto moltissime cose che da sola magari non avrei potuto fare, tutto a vantaggio dell’intera classe. Sono tanto cambiate le cose da allora, tante associazioni, il Gabbiano nel nostro quartiere. Genitori sempre più consapevoli, aiutati a non sentirsi in colpa, a non essere soli.

Oggi leggo di questa bellissima iniziativa, tutta siciliana, all’interno del progetto “Sosteniamoci Insieme”, finanziato dall’Assessorato Regionale alla Famiglia per favorire e mettere in atto l’inclusione sociale dei ragazzi con sindrome di Down. Undici di questi ragazzi speciali, che fanno parte dell’Associazione sportiva dilettantistica “SporT21 Sicilia” (la T maiuscola sta per Trisomia 21, la Sindrome di Down) di Palermo, guidata da Giampiero Gliubizzi, e dell’Associazione Italiana Persone Down di Termini Imerese, presieduta da Ignazio Cusimano, sono approdati al progetto di fare la birra artigianale che hanno chiamato T21, creata in tre tipologie diverse.

C’è a monte un percorso di lavoro, di formazione che include un’adeguata consapevolezza nella produzione e trasformazione dei prodotti. Questa bellissima realtà dei nostri ragazzi rappresenta solo la prima parte del progetto “Sosteniamoci Insieme”. Una realtà che nel ’77 sarebbe stata impensabile, soprattutto se avessimo continuato a nascondere questi bambini, vergognandoci come fossero bambini venuti male. Sono ragazzi davvero speciali, unici, non sbagliati. Sono ragazzi che, per un errore della natura, hanno un cromosoma in più, il trisoma 21.

Nelle birre, oltre al luppolo, c’è il cuore, sia dei ragazzi che delle loro famiglie. La loro birra sa di riscatto e di consapevolezza sociale, sa di amore, di lavoro, di gioia e fatica. I ragazzi si sono impegnati, hanno lavorato, si sono formati, hanno realizzato persino il logo delle etichette da apporre alle bottiglie. E ci sentiamo di dire – Continuate così, ragazzi, andate a tutta birra verso il nuovo progetto che è quello di realizzare un pub, con un iniziale piccolo impianto di 50 litri, per fare delle piccole produzioni, guardando sempre al futuro perché siano autonomi, indipendenti e felici.

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