La Porta di Lampedusa, un monumento e un simbolo. Un invito e un’apertura verso il futuro
Questo enorme monumento a Lampedusa, nelle Pelagie, la più meridionale isola d’Italia, in provincia di Agrigento, è stato battezzato “Porta di Lampedusa – Porta d’Europa” realizzato dall’artista Mimmo Paladino, voluto fortemente da Amani e da Arnoldo Mosca Mondadori. Amani è una ONG che si pone al fianco di chi è in difficoltà, nello specifico si rivolge alla popolazione africana per trovare “Soluzioni africane a problemi africani” e “Offrire opportunità, guardare al futuro” come si legge nel suo Statuto.
L’inaugurazione della grande porta è avvenuta dopo una lunga processione, cui hanno partecipato le autorità locali e artisti di livello nazionale, partendo dalle vie del paese e culminando su quell’ultimo promontorio dell’isola, per onorare, con la sua “scoperta” i morti in mare, le tante vite spezzate, a poche miglia dalle coste.
La Porta di Lampedusa è una scultura/monumento il cui progetto è scaturito dopo il grande naufragio di Porto Palo, nel Natale del 1996. Il monumento simbolo, realizzato in ceramica refrattaria e ferro zincato, alto quasi cinque metri e largo tre, è stato inaugurato il 28 giugno 2008 per ricordare tutti i disperati che, affrontando delle incredibili difficoltà, si affidano, cadendo quasi sempre nelle reti di malfattori, a questi viaggi della speranza, per sfuggire a destini crudeli già segnati, nella speranza di trovare un futuro in Europa.
Quell’apertura è il simbolo dell’ingresso in Europa e quel passaggio è appunto un momento, solo una tappa, la prima, per andare oltre. La Porta di Lampedusa è il simbolo di un’Europa che si apre all’Africa, il luogo delle rimembranze, delle preghiere o un monumento funebre. Ciascuno può darle un significato secondo la propria sensibilità. E’ comunque il simbolo dell’accoglienza e della solidarietà verso i più deboli, i maltrattati, gli oppressi.
L’opera serve a testimoniare il passato, a ricordare ciò che è stato ma è anche un auspicio a sperare e a credere che, oltrepassata quella porta, si possa aspirare a una vita possibile, migliore di quella che si è lasciata alle spalle. Una scelta fatta mai con leggerezza o arroganza ma una scelta di dolore, di separazioni, di “strappi” alle proprie radici, una scelta sofferta e dettata dalla disperazione.