ArteMusei

Il Trionfo della Morte: l’imponente e misteriosa opera di palazzo Abatellis a Palermo

Il Trionfo della Morte è un affresco grandissimo e unico, tra i più grandi capolavori di tutti i tempi. Realizzato presumibilmente tra il 1440 e il 1450, resta tutt’ora di autore sconosciuto. La sua storia inizia quasi 600 anni fa, a metà del XV secolo, sotto il regno di Alfonso V d’Aragona detto il Magnanimo.

Erano tempi brutti, carichi delle sofferenze più grandi che potessero affliggere l’umanità. Le epidemie, la peste e il diffondersi della carestia contribuirono a rendere cupo l’animo umano a tal punto che si cominciò a percepire la morte con una sensibilità tutta nuova tanto che questa si diffuse persino nella letteratura e nell’arte espressivo/iconografica.

Come riflesso di tale momento storico nacque questo gigantesco affresco, diventando il simbolo del sentire di quell’epoca. Tale affresco venne realizzato nel cortile di Palazzo Sclafani, che nel 1435 fu adibito a nosocomio quando nacque il primo ospedale pubblico della città di Palermo, l’Ospedale Grande e Nuovo.

Ques’opera, piuttosto inquietante per la sua collocazione, rimase, ben curata, nel cortile dell’Ospedale fino allo scoppio della seconda guerra mondiale. A seguito dei bombardamenti su Palermo nel 1943, quando crollò la copertura che lo proteggeva, l’affresco subì gravi danni e fu deciso quindi di spostarlo altrove. Essendo molto grande, l’opera fu divisa in 4 parti per agevolarne la rimozione dalla parete e passò dalla Sala delle Lapidi di Palazzo Pretorio alla Galleria Regionale di Palazzo Abatellis.

Il Trionfo della Morte è una rappresentazione di carattere morale, un richiamo per tutti alla fragilità, alla provvisoreità di questa vita con un invito rivolto a tutti a non sprecarla. Fa riflettere sulla morte che si presenta, uguale per tutti; in questa rappresentazione allegorica sono presenti tutte le fasi e le condizioni della vita che non danno priorità o sconti a nessuno. Quando arriva la morte si presenta, al centro del quadro, in sella a un cavallo reso scheletrico che sembra, come ha raccontato Guttuso, possa aver ispirato Picasso per realizzare la sua Guernica.

Troviamo da una parte la rappresentazione di un mondo reale, vissuto in tutte le sue declinazioni; ora lieto e gradevole, colto e raffinato, ora carico di disgrazie e morte. Non mancano le rappresentazioni, nella parte bassa, dei cadaveri, principalmente sono i potenti come re, imperatori, papi. E a destra la gioventù aristocratica, musici, poeti e letterati, che si godono la vita che sembra non debbano mai essere sfiorati dalle cose funeste. Mentre sulle loro teste troneggia una fontana simbolo di purificazione e rinascita. Sulla sinistra, i poveri, gli emarginati, che quasi invocano la morte per porre fine alle loro sofferenze.

Si ritiene che l’autore fosse straniero dato che con la dominazione spagnola arrivavano in città moltissimi artisti esteri, di sicuro con una ricchezza culturale e di vasta conoscenza della vita. E’ stato di sicuro un artista capace di creare un’opera modernissima, un capolavoro che non ha tempo, sempre valido nel suo profondo significato metaforico dove contrappone il bene e il male, il giusto e l’ingiusto che subiscono la stessa “livella”, come la definiva il grande Totò, cioè non sfuggono alla morte che è uguale per tutti, senza privilegi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button