Cultura

L’icona dell’identità siciliana nel mondo: il carretto siciliano tra storia, arte e cultura

Il carretto siciliano nasce ai primi dell’800, dall’esigenza di trasportare persone e merci che fino ad allora, per le difficoltà viarie, avvenivano a dorso di mulo. I primi carretti avevano ruote molto alte, per poter affrontare le “trazzere”, sentieri grossolani, con salite ripidissime, con curve a gomito e pieni di fossi.

Carretto siciliano – Foto di Giuseppe Viviano

Jean Baptiste Gonzalve de Nervo racconta di aver visto – ” Specie di piccoli carri, montati su un asse di legno molto alto; sono quasi tutti dipinti in blu, con l’immagine della Vergine o di qualche santo sui pannelli delle fiancate e il loro cavallo coperto da una bardatura, ornata di placche di cuoio e di chiodi dorati”. Il geografo francese Eliseo Reclus “A Catania, i carretti e le carrettelle non sono come in Francia, semplici tavole messe insieme, ma sono anche lavori d’arte… “.

E ancora Guy de Maupassant, scrittore francese, definisce un carretto siciliano “un rebus che cammina”. Dice – … “perfino i raggi delle ruote sono lavorati. Il cavallo che li trascina porta un pennacchio sulla testa e un altro a metà della schiena … Quei veicoli dipinti, buffi e diversi tra loro, percorrono le strade, attirano l’occhio e la mente come dei rebus che viene sempre la voglia di risolvere”.

A seconda di ciò che trasportavano i carretti siciliani si dividevano in: “U Tiralloru” che serviva per trasportare la terra; “U Furmintaru” per trasportare il frumento; “U Vinaloru” per trasportare il vino. In questi “capolavori” predominano il giallo, il rosso, il verde: i colori del sole siciliano, dello zolfo, delle arance e dei limoni, del cielo e del mare e della lava che sgorga dall’Etna.

Carretto siciliano – Foto di Giuseppe Viviano

In origine le storie ritratte nei carretti siciliani erano più a carattere devozionale e ritraevano la vita dei santi e della Beata Vergine. Con il passare del tempo, però, il carretto assunse un valore sempre più folkloristico; le figure religiose furono relegate nella parte più nascosta, il “pizzo della cascia di fuso“, per fare spazio a storie ispirate all’opera dei pupi: i paladini di Francia, Garibaldi, Cristoforo Colombo, la Cavalleria Rusticana fino ad arrivare a Giulietta e Romeo.

Testimone di quest’antica arte è stato il signor Di Mauro, conosciuto come “Minicu u pitturi”, scomparso nel 2016 ad Aci Sant’ Antonio all’eta di 102 anni. La sua creazione fu esposta nel “Musée de l’homme” di Parigi Un piccolo carro che “racconta” le vicende del Presidente americano John F. Kennedy, fu spedito alla Casa Bianca.

Oggi il carretto siciliano è diventato la colorata icona dell’identità siciliana nel mondo. Parlare del carretto significa immergersi nella cultura popolare siciliana. La pittura del carro aveva ed ha diverse funzioni. Proteggere il legno innanzitutto con un primo strato di cementite e su questa il colore di fondo che in prevalenza era rosso, azzurro e giallo. Funzione magico- religiosa per allontanare il male e ancora, pubblicitaria per i carri che avevano la funzione di attirare gli acquirenti.

Nacquero delle scuole per le decorazioni e per la forma dei carri che videro in simpatica rivalità, mai finita, Catania e Palermo. Ci sono altre differenze ancora tra il carretto di Castelvetrano e quello di Trapani. Ma come per le altre situazioni nella cultura e nelle tradizioni siciliane, ogni diversità è sinonimo di ricchezza!

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