Gibellina: la città perduta sotto al Cretto di Burri
Un sudario steso, sotto il quale giacciono per sempre secoli di storia e ricordi di una città inghiottita improvvisamente da un demone oscuro
Nella notte tra il 14 e 15 gennaio 1968 un tremendo terremoto rase al suolo la Valle del Belice, cancellando totalmente dalle mappe le città di Gibellina, Poggioreale, Salaparuta e Montevago. Paesi come Santa Margherita di Belice, Santa Ninfa, Partanna, Salemi, Menfi, Vita ebbero dall’80 al 70% di edifici distrutti o danneggiati gravemente. Migliaia di morti e decine di migliaia gli sfollati. Poggioreale e di Gibellina furono abbandonate e ricostruite a chilometri di distanza. Il terremoto cancellò tutto dal profondo, distruggendo l’identità di quei borghi e catapultando gli abitanti in una nuova realtà, senza passato.
Nel 1985 l’allora sindaco di Gibellina, Ludovico Corrao, decise di pubblicare un bando per chiedere ad artisti di dare alla nuova Gibellina uno slancio culturale. Tra quelli che risposero all’appello anche l’artista Alberto Burri, il quale decise di non intervenire nella città nuova, bensì proprio sulle macerie, con un’opera di Land art tra le più grandi al mondo.
L’artista decise di ricoprire i ruderi di Gibellina, di compattare le macerie, colare sopra cemento e trasformare quelle che un tempo erano strade e viuzze, nei tagli delle sue celebri opere, come crepe nel terreno, crepe nei muri terremotati. Il Cretto segue la conformazione delle strade e dell’abitato, camminando lungo i tagli del cemento, si ha l’impressione di muoversi per una città di enormi blocchi bianchi.
Il grande Cretto, sembra oggi, come un’imponente tomba su cui cala un inquietante silenzio. Un sudario steso, sotto il quale giacciono per sempre secoli di storia e ricordi di una città inghiottita improvvisamente da un demone oscuro.