Cos’è l’identità siciliana? Caro Presidente Musumeci provo a spiegarglielo io
di Francesca Sforza
Egregio Presidente delle tre valli, originario di quel del Demone, provo a risponderle con calma, da studentessa e appassionata di storia e cultura della Sicilia, laureata a Palermo con una tesi triennale in storia delle tradizioni popolari, nonché ricercatrice e storica per la frazione dell’entroterra (Villadoro, Enna ) della nostra amata Sicilia, alla domanda posta da lei ad un giornalista su cosa sia l’identità siciliana.
La sua domanda è la stessa che noi giovani appassionati ci poniamo quando scorgiamo gli archivi abbandonati o quando attraversiamo i musei conosciuti agli addetti al settore, con contratti a progetto che per sbaglio ci offrono il caffè e ci fanno “lectio magistralis” su questa terra, che non sappiamo definirla per bellezza e magnificenza.
Alla sua domanda non esiste una sola risposta, la prima è quella che ogni siciliano nella sua individualità sceglie di darsi come membro appartenente ad una cultura; la seconda è quella che tutti insieme ci diamo definendoci tali, un solo corpo fatto di esseri, territori, bellezza e spazi. Persone legate quasi religiosamente a una storia, una sofferenza ed una gioia: identità.
Sto cercando di spiegarle cosa significa identità ma per raccontarle “ Siciliana “ mi devo avvalere di Enea che, prima di partire, lascia suo padre Anchise sulle coste di Trapani e poi fa l’Italia; oppure di Polifemo che presidiava le grotte e si incontra con Ulisse o Kore che si perde nelle valli ennesi (Il Mito ); devo parlare dei resti dei siculi e dei sicani, dei Greci e delle appropriazioni indebite dei Romani , di quello che De Seta nel 1950 definiva “ oro di Sicilia”, il grano; dovrei parlarle degli arabi che hanno cambiato il nostro cibo; delle stanze dello scirocco del castello della Zisa; dovrei arrivare fino a “stupor mundi “ e dirle della riserva di caccia di Federico II , per poi attraversare le parole di Giacomo da Lentini detto il Notaro, e non fermarmi più fino a Pitrè ma senza dimenticare le pennellate di Antonello da Messina, il Serpotta e i pupi e i pupari ed i carretti siciliani che si riversano nelle piazze per festeggiare le Settimane sante, Carnevali, San Giuseppe e feste con fuochi, santi e patroni in ogni dove, Sant’Agata e Santa Rosalia, canti e danze tradizionali, corse di cavalli; cibi che parlano al sentimento e poi al palato; di isole linguistiche dialettali, dei mille modi di salutarsi e riunirsi in famiglia.
Spettacoli umani individuali e collettivi, personaggi illustri e oscuri che ci hanno resi unici nel mondo e forse gattopardi d’Europa; noi ancor oggi abbracciamo questa terra con virgulto onore etnocentrico, che da antropologa non dovrei dirlo, trovo giustificato dall’immensità delle cose che ci circondano.
Lei siede sull’ombelico del mondo -dice Bufalino- alla stessa sedia di Piersanti Mattarella, la terra di Pio la Torre, quella di Paolo Borsellino e Falcone; la terra libera e contraddittoria di chi si oppone anche con le armi. Lei siede nella terra di Portella delle ginestre, di “quel treno di lu suli mai fermato“, rassegnato, solo qualche volta spento. Di chi non accetta e si rivolta, perché la lava, Presidente, a noi ci scorre nelle vene.
Lei è l’inizio e il principio di personaggi che qui hanno vissuto: Ignazio Buttitta, Brancati Vitaliano , Bufalino, Borgese, Bellini, Consolo, Sciascia, Archimede, Vittorini, Verga, Guttuso , Cocchiara, Columba, Sciascia, Camilleri e del padre della letteratura contemporanea, Pirandello.
Lei è il Pater familias della terra che ha dato i natali al nostro Presidente della Repubblica e ha cullato Parmitano che vola nello spazio a rivedere le stelle e a pensare che in fondo quel nostro variegato, minuscolo brandello di terra tridente sia uno spazio meraviglioso dove tornare, magari a vedere Cuticchio oppure ad affacciarsi dagli spalti del Massimo, oppure lui da lassù forse vede la valle dei templi e sente che Seneca o Epicuro dicono l’ultima loro a Siracusa.
Ecco , vorrei e potrei dirle di più ma dovrei spiegare ogni personaggio citato e sono certa che qualcuno mi sfuggirà; ma noi siciliani siamo questo e lei lo è, come me, e per questo possiamo capirci; perché condividiamo la stessa religione, “l’amore per la terra dai cento colori”. Adesso ho provato a risponderle un po. Sono certa che altri avranno modo di sfiorare questa bellezza come Goethe, Robert Capa hanno saputo fare. Uno straniero può mirare, ma siamo stanchi, come diceva a Chevalley il Principe Salina, di essere dominati. Fra le foto di Minnella, Ferdinando Scianna e Letizia Battaglia la Sicilia rimane ferma nel tempo. Scelga lei fra questi qual è l’identità, il luogo che più sente suo e lo tenga stretto, perché noi abbiamo bisogno di un siciliano fra i siciliani e non di un siciliano che ha dimenticato la bellezza di esserlo; ricordi a chi non si sente più parte di questi profumi e di questa ricchezza che cosa mostra cotanta bellezza. S’abbenedica a vossia. L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita.