La leggenda della frana che seppellì San Vito Lo Capo e della Santa che fa passare “lu scantu”
Le origini di San Vito Lo Capo si rifanno ad un’antica leggenda legata al giovane martire cristiano Vito, figlio di un alto funzionario dell’antica Roma. Si racconta che il giovane, per sfuggire alle persecuzioni di Diocleziano, decide di fuggire da Mazara, sua città natale, insieme alla nutrice Crescenzia e all’istitutore Modesto che lo avevano convertito al cristianesimo.
Dopo alcuni giorni di navigazione, una tempesta costrinse la nave di Vito ad approdare in quella che un tempo era l’antica San Vito Lo Capo. Qui i tre, Vito, Modesto e Crescenzia avrebbero cercato di convertire gli abitanti del villaggio alla fede cristiana, ma non riuscirono nel loro intento, anzi furono scacciati malamente da questi e minacciati.
Fu allora che per punizione divina, un’enorme frana seppellì il villaggio ed i suoi abitanti. Crescenzia per lo spavento rimase pietrificata.
Giungendo in auto a San Vito Lo Capo si può ancora oggi scorgere un’ampia zona franosa riconducibile a quegli eventi, chiamata Contrada Valanga e a poche centinaia di metri da essa una rustica cappella dedicata a Santa Crescenzia, edificata dagli ericini nel XVI secolo.
Forse deriva proprio dal ricordo di quell’evento calamitoso, dalla pietrificazione della santa per lo spavento, l’usanza, molto comune tra le persone del posto, di giungere in visita alla cappella rupestre per chiedere alla Santa la grazia di “fari passari u scantu a li spirtati” (fare passare la paura a coloro i quali sono afflitti da un forte spavento), compiendo il gesto di gettare un sasso all’interno del tempietto sacro.
Quest’usanza, negli anni passati, era arrivata a impedire l’accesso alla cappella da parte dei visitatori, in quanto la grande quantità di massi accumulati era tale da occuparne per intero l’interno fino al tetto.
Da alcuni anni, grazie ad alcuni lavori di restauro, la cappella è stata liberata dai massi e restituita ai turisti e ai pellegrini in tutta la sua bellezza.