Natura

L’ulivo: gigante millenario, albero sacro e simbolo di pace caro ai siciliani

La lunga vita dell’ulivo, considerato simbolo di pace e fecondità inizia con la Bibbia, quando, come si legge nel racconto del diluvio universale “…e la colomba tornò da lui (Noè) sul far della sera, ed ecco aveva una fronda novella d’olivo nel becco”. Con l’olio, nella cultura ebraica, si ungevano i sacerdoti, i profeti e i re (ricordiamo il re Davide). Il popolo di Gerusalemme accolse Gesù Cristo agitando ramoscelli di ulivo. L’ulivo in Sicilia divenne, assieme al fico, l’immagine stessa dell’Isola. L’ulivo, da sempre è considerato un albero sacro e immortale. Infatti quando ne muore uno, dalla base del tronco riparte sempre un pollone. L’olivo, da sempre  simbolo di pace si trova in moltissime opere d’arte siciliane. Lo si trova nei mosaici del Duomo di Monreale, così come in quelli della Cappella Palatina di Palermo.

Una leggenda ( fonte Alessandra Cancarè) narra perché gli ulivi sono storti: “Una volta gli alberi d’ulivo erano belli dritti e forti. La sera in cui Gesù fu tradito si trovava sul monte degli ulivi e questi alberi per difenderlo si contorsero per proteggerlo e rimasero per sempre storti. Quando Gesù doveva essere crocifisso i soldati iniziarono a cercare del legno con cui poter costruire la croce. Finirono in un grande uliveto ed iniziarono a scegliere quello da tagliare. Dato che nessuno degli ulivi voleva dare il proprio legno per uccidere una persona così buona decisero di contorcersi per fare in modo che il loro legno non potesse essere utilizzato. Fu così che tutti gli ulivi diventarono nodosi ed i soldati non poterono utilizzarli per farci la croce che sarebbe servita ad uccidere Gesù.

A introdurre la coltivazione dell’ulivo in Sicilia furono i Greci. Qui l’albero aveva già trovato il suo antenato selvatico: l’olivastro. All’ulivo i Greci di Sicilia attribuivano grande importanza tanto che sradicare anche un solo albero comportava la pena dell’esilio! 

Ulivo – Foto di form PxHere

È a partire dal XVI secolo che l’olivicoltura in Sicilia, come in tutta l’area del mediterraneo, ebbe un notevole sviluppo; l’importanza dell’olivo e dell’olio che se ne ottiene dalla spremitura dei suoi frutti, detti “drupe”, diventa enorme nella storia economica e nella cultura mediterranea. È il momento in cui si comincia a fare una certa distinzione tra gli oli.

L’albero di ulivo più antico del Mediterraneo si trova a Pettineo, nel messinese. Percorrere le sue strade significa imbattersi in ulivi secolari. Tra questi spicca un ulivo di 1800 anni. Fotografare i loro tronchi è d’obbligo. Sono creature modellate dal tempo, ti sembra di percorrere secoli di storia e di cultura. Sono vere e proprie opere d’arte naturali.

Le varietà di olive siciliane

Non c’è famiglia, in Sicilia, con un piccolo cortile, un giardinetto, un orto, che non abbia messo a dimora una pianta d’ulivo. Dà senso di quiete, di riposo, di speranza. In Sicilia ci sono almeno sedici varietà di ulivi coltivati, più almeno 30 varietà meno conosciute e meno importanti dal punto di vista agronomico. Tra le diverse tipologie di olive siciliane, l’unica ad aver ottenuto lo status di Presidio Slow Food è l’oliva minuta dei Nebrodi. Quelle famose, comunque, sono molte: Biancolilla, Nocellara del Belice, Tonda Iblea, Rizza delle Madonie, Nerba, Verdello, Passulunara e Zaituna.

Vi sono zone dell’isola, come Castelvetrano (TP), in cui la bacchiatura delle olive non è mai stata effettuata. Gli olivicultori hanno sempre raccolto a mano, facendo scorrere i rami fra le dita. Qui, la Nocellara del Belice, conosciuta anche come Oliva di Castelvetrano, è un’oliva tipicamente siciliana coltivata nell’area protetta della Valle del Belice, in quel lembo di terra del trapanese, tra Partanna, Castelvetrano e Campobello di Mazara, a pochi chilometri dal mare, dove si affacciano i templi di Selinunte da più di 2600 anni. La brezza marina del Mediterraneo promuove la crescita di una pianta con crescita vigorosa ed un’oliva robusta. Questa oliva ha ottenuto la Dop nel 1998. Il frutto della Nocellara del Belice è di grossa pezzatura, 5-7 grammi, con polpa consistente, croccante e leggermente amarognola. Il sistema di raccolta è quello tradizionale della “brucatura”.

La Nocellara del Belice è ideale per la preparazione della caratteristica caponata. A crudo, invece, si usa sia come antipasto, per accompagnare gli aperitivi, che per insaporire piatti a base di pesce e verdure o come companatico.

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