La Sicilia, vigneto d’Italia: tra le sue eccellenze il passito di Noto e il passito di Pantelleria
Il passito è un vino antichissimo che oggi si ottiene con un moderno sistema di appassimento. E’ ricco dei profumi della terra, profumi esplosivi di gelsomino, di agrumi canditi, compagno ideale della grande tradizione siciliana; si gusta piacevolmente con dolci, biscotti e gelati.
I vini passiti si ottengono con le stesse tecniche di vinificazione usate per gli altri vini con la sola differenza che le uve, prima di essere vinificate, vengono lasciate maturare di più allo scopo di ottenere una concentrazione più alta di zuccheri, acidi organici, sali minerali e profumi particolari. Per questo scopo si lasciano per un periodo di tempo più o meno lungo ad appassire, per consentire all’acino di perdere il suo contenuto d’acqua e quindi di giungere a disidratazione.
L’appassimento naturale consiste nel lasciare ulteriormente i grappoli sulla pianta o su degli stenditoi, ben soleggiati e areati, girando i grappoli più volte per ottenere un appassimento omogeneo. C’è una significativa differenza tra vendemmia tardiva e uva lasciata ad appassire. Nel primo caso si ottiene un vino poco passito, nel secondo caso si ha il passito classico caratterizzato da un più alto contenuto alcolico e zuccherino.
I Panteschi cominciano a raccogliere a metà agosto l’uva zibibbo esclusivamente a mano. L’uva appena raccolta viene posta ad appassire su degli stenditoi. Dopo circa un mese ha perso il 75% del suo peso in acqua, mentre la concentrazione zuccherina è passata dal 25 al 55%. Una volta appassita l’uva viene immersa nel mosto di un’altra vendemmia. Questa immersione ridà idratazione all’acino essiccato, che fa passare nel mosto, durante la fermentazione, tutti gli zuccheri che contiene. Dopo un mese viene fermata la fermentazione portando la temperatura del mosto a 4 – 5° C. E si lascia ancora un mesetto, dopo di che si effettua la torchiatura. Si lascia il prodotto della torchiatura a “riposare” dai quindici ai diciotto mesi ed è pronto per l’imbottigliamento. Il prodotto si può mettere in commercio trascorsi ancora altri 6 mesi.
Il Passito di Pantelleria ha una storia millenaria, come leggiamo in una relazione del generale cartaginese Magone del 200 a.e.v. “Si raccoglievano i grappoli maturi, avendo cura di eliminare i grappoli guasti, poi si esponevano al sole su una canna cercando di proteggerla dalla rugiada, coprendoli durante le ore della notte. Quando i grappoli erano diventati secchi si staccavano gli acini in una giara ricoprendoli di mosto. Dopo sei giorni si preparavano e si spremevano e si raccoglieva il liquido. Ultimata questa operazione, si pigiava la vinaccia aggiungendovi del fresco fatto con altra uva tenuta al sole per tre giorni. Infine si sigillava il vino in vasi di creta, da aprirsi dopo una fermentazione di venti, trenta giorni“
Il Passito di Noto
Il Passito di Noto nasce dal Nero d’Avola, uva non aromatica ma che ha una forza e una struttura tutta sua. La dolcezza dei suoi chicchi si ottiene facendoli appassire lentamente, ricavandone una particolare morbidezza. Il Passito di Noto è un vino dolce come l’uva appassita al sole della Sicilia, nero come un carbone perché prodotto con uve di Nero d’Avola, ottenuto con le stesse tecniche di vinificazione dei grandi passiti. Il Passito di Noto, si ottiene anch’esso da uve passite sulla pianta o dopo la vendemmia. La zona di produzione comprende il territorio dei comuni di Noto, Rosolini, Pachino, Avola, tutti in provincia di Siracusa. Sin dal ‘700 i vini della zona di Avola erano rinomati come testimoniano i racconti dei visitatori stranieri che in quel secolo visitarono la Sicilia.