La fonte Aretusa a Siracusa, una bellezza unica nel mondo, tra mito, storia e natura
Uno dei luoghi più misteriosi e suggestivi di Siracusa è senza dubbio la Fonte Aretusa, uno specchio d’acqua, un tempo dolce, che sgorga ad Ortigia a pochi metri dal mare. Si tratta di uno dei tanti sfoghi di una falda freatica che alimenta anche il fiume Ciane sul lato opposto del porto.
Con il passare dei secoli la fonte ha subito diversi cambiamenti, in origine infatti si trovava all’esterno della mura della città. Nel XVI secolo era divisa in più rivoli che formavano un lago di circa 200 metri di diametro. Nel 1540, quando Carlo V potenziò le strutture militari di Ortigia, la fonte venne inglobata alle fortificazioni e riportata alla luce nel 1847 assumendo la forma attuale.
Il belvedere posto accanto alla Fonte è ciò che rimane dell’antica cinta muraria voluta da Carlo V e demolita nel XIX sec. Non si può visitare Siracusa senza fare tappa in questo luogo incantato e romantico dove al tramonto il sole scende all’orizzonte colorando i mare di riflessi dorati.
La fonte è chiamata dai siracusani “Funtana re pàpiri” (fontana delle papere), per via di una numerosa colonia di papere che da tempo si è stabilita in queste acque. Ma a rendere ancora più particolare questo luogo sono i papìri che qui crescono spontaneamente, una vera e propria rarità. Il papireto di Siracusa, infatti, e quello di Fiumefreddo, sono gli unici papireti d’Europa.
Secondo la mitologia, Aretusa, ninfa della dea Artemide, giunta alle sponde del fiume Alfeo, decise di spogliarsi e di fare un bagno. La leggenda narra che Alfeo, dio fluviale, figlio del dio Oceano, apparso alla ninfa in sembianze umane, si innamorò perdutamente di Aretusa che però non ricambiava il suo amore. Per sfuggire all’insistenza di Alfeo, Aretusa invocò l’aiuto di Artemide che, avvolgendola in una spessa nube, la straformò nella fonte di acqua dolce di Ortigia. Zeus mosso a pietà, trasformò Alfeo nel corso d’acqua che ancora oggi alimenta la fonte.