Il gheppio, sopravvissuto all’incendio della riserva di Monte Cofano, è tornato in libertà
Ancora presente nella memoria di tutti noi il devastante incendio di alcune settimane fa che ha interessato la Riserva di Monte Cofano. Con un suo ecosistema protetto, nella sua ricca vegetazione di piante autoctone, tra cui spicca la palma nana, oltre alla disa, carrubi, alberi di frassino ecc, la Riserva riveste un grosso interesse avi-faunistico. Infatti all’interno della stessa troviamo il falco pellegrino che ne è il simbolo e, tra gli altri, il gheppio.
Quando le fiamme hanno devastato il costone di Cofano, tutti abbiamo “pianto” per gli animali che solitamente l’abitano. A confermare le nostre preoccupazioni ci sono giunte, dai nostri lettori, foto riguardanti l’avvistamento di un rapace che si era avvicinato, quasi tra i bagnanti, a bere, sostando sulla spiaggia di Cornino, segno questo di un grande stato di pericolo per lui e di difficoltà perché sicuramente stava male. L’avvistamento e le foto si sono ripetute e pertanto sono stati allertati i servizi della protezione avi-faunistica. Ad oggi non avevamo notizie di Fenice, così l’avevamo battezzato noi della redazione, con spirito augurale di rinascita.
Abbiamo chiesto telefonicamente del rapace al responsabile della sezione LIPU di Palermo che ci ha messo in contatto con Salvatore Surdo, un naturalista trapanese che lavora presso l’Università di Palermo e che si è occupato di prendersene cura. “Ad affidarmi il rapace è stato Alberto Visconti che su segnalazione di alcuni bagnanti si è recato sul posto, nella baia di Cornino, a prelevarlo. Dopo aver tentato inutilmente di alimentarlo con della carne macinata, sono ricorso a delle cavallette catturate sul momento. Alla vista delle sue prede familiari, il giovane rapace ha iniziato ad alimentarsi recuperando in breve le forze, tanto è che, già al terzo giorno di cura, ha spiccato il volo e si è allontanato ritornando alla sua vita selvatica”.– sottolinea Salvatore Surdo – “Nonostante il lieto fine, bisogna ricordare che per tantissime altre specie, non dotate di ali, tali incendi causano tantissime vittime. Ed essendo (queste) alla base della catena alimentare di moltissime specie di uccelli, la loro scomparsa indirettamente ha effetti nefasti anche sull’avifauna”.
“Incendi come quello di questa estate possono realmente distruggere in maniera definitiva queste specie endemiche ovvero presenti solo nella Riserva”- continua Salvatore Surdo – “L’importanza della Riserva per queste specie, con popolazioni ristrette solo a una singola località, ci fanno capire che urgono misure concrete per arginare gli incendi in Sicilia. La biodiversità è un valore troppo grande per rischiare di ridurla per il gesto di pochi criminali.”
Siamo contenti che Fenice sia ritornato al suo habitat naturale. Sperando che possa dimenticare presto questa terribile disavventura, come avevamo già detto la prima volta che lo abbiamo conosciuto, ci auguriamo che scelga di rimanere all’interno della riserva, diventando il simbolo della rinascita di questo luogo.