“Babbaluci a sucari e fimmini a vasari nun ponnu mai stancari”. Siciliani popolo ghiotto di lumache
I siciliani vanno pazzi per i babbaluci che si consumano soprattutto in estate nella classica “ghiotta di babbaluceddri”. Sono le lumachine quelle piccole e con il guscio bianco che, a grappoli, si trovano attaccate sugli steli rinsecchiti di molte piante erbacee arse dal sole. Sono più buone se raccolte nelle vigne, sugli steli spinosi dei cardi e sulla “restuccia”. Se vengono invece raccolte sulla ruta, canna e satareddu (timo) hanno sapore amarognolo. La conchiglia ha uno spessore tale che consente a tale lumachina di resistere al caldo dell’estate, il suo guscio è di colore bianco o con fasce brune.
L’origine del nome babbaluci è duplice: dall’arabo babush, perché, per la forma, si trova somiglianza con le scarpe orientali con la punta rivolta verso l’alto (in siciliano le pantofole di pezza sono ancora dette babuscie), oppure dal greco antico “boubalàkion” che sta per piccolo bufalo per via delle corna.
In Sicilia abbiamo babbaluceddri, attuppateddri e crastuna
Abbiamo visto dove si trovano i babbaluceddri, le lumachine bianche e usiamo cucinarle a ghiotta, con cipolla, patate e pomodorini: una tira l’altra. Gli attuppateddri si difendono dalla calura estiva rifugiandosi sotto terra, arrivando anche a mezzo metro di profondità. Per proteggersi creano, con la bava stessa una specie di velo bianco, formando quindi il tappo. Da qui il nome. Considerato che vengono cercate sottoterra come i tartufi, con zappa e piccozza, gli attupateddri hanno un prezzo di mercato maggiore rispetto alle altre specie. I crastuna invece sono lumache più grosse, il colore del loro guscio è bianco con fasce marroni e si nascondono dietro i muri e vicino alle agavi. Alle prime piogge però queste lumache si risvegliano.
Una volta “u babbaluciaru” si alzava, in autunno e in inverno ancora al buio, dopo un’abbondante pioggia, per raccogliere i “crastuna”, e con un sacco sulle spalle e un paniere in mano, andava per le vie, abbanniando: “C’è ù babbaluciaru, haj i crastuna nivuri! Accattativi i crastuna!” Oggi le lumache si trovano dal fruttivendolo in grossi panieri di vimini e nei mercati all’aperto, se non si va personalmente a raccoglierle; ma ci vogliono permessi e attenzioni. Soprattutto sapere dove raccoglierle perché le lumache si nutrono di erbe che potrebbero essere tossiche per l’uomo; buona abitudine è, quindi, farle spurgare per almeno tre giorni.
Un tempo, per facilitarne la pulizia dell’intestino, venivano poste in grandi ceste o nasse appese al sole (che cattivi) lasciandole digiune, oppure al sole e immersi in acqua fredda a cui si aggiungeva della mollica di pane o del pangrattato. Le lumache, ghiotte di questo alimento, s’ingozzavano per poi sbarazzarsene “naturalmente”.
Un vecchio adagio ripeteva: “Viri chi dannu chi fannu i babbaluci ca chi li corna ammuttanu i balati, su n’era lesta a ghittarici na vuci, viri chi dannu chi fannu i babbaluci“; una filastrocca legata alla caparbietà di questi piccoli animali che riescono a sollevare i coperchi, anche con i pesi, alla ricerca della salvezza. L’unico danno che possono fare all’uomo è quello di non saziarlo mai. Tornando all’aspetto culinario gli “attuppateddri” sono buoni con aglio, olio e prezzemolo, i “crastuna” invece un po’ più grandi sono buoni con il “picchi pacchi” (pomodoro pelato).
La tecnica per mangiare la lumaca è la “sucata”, cioè si tende a “succhiare” il corpo carnoso “cu scrusciu”, oppure più prosaicamente estraendolo dalla conchiglia con l’aiuto di uno stecchino, praticando un forellino nel guscio, per agevolare la fuoriuscita del malcapitato. Ai giorni nostri, con la bava di lumaca si preparano trattamenti antirughe, per le macchie della pelle, l’acne e le cicatrici.
Per nobilitare la fine di questi gasteropidi, che come si dice sono “cuinnuti e vastuniati” ci piace concludere con questa chicca che ho trovato in rete. Una favola sulle illusioni, metafora della vita! . Sonetto dove si oppongono pesantezza e leggerezza, pieno e vuoto. La vita delle lumache che è dura e faticosa e la frasca “inutile” che vola leggera. La frasca è l’illusione.
LI BABBALUCI – favola sulle illusioni. Inserita nella raccolta Favole Morali di Giovanni Meli.
LI BABBALUCI LE LUMACHE
Purtandusi la casa su la schina Portandosi la casa sulla schiena
Dui babbaluci all’umbra di una ferra, due lumache all’ombra di una canna
Cu la vucca di scuma sempri china con la bocca di schiuma sempre piena
Si ìanu strascinannu terra terra. si andavano trascinando terra terra.
Diss’unu: Sta mia vita ch’è mischina! Disse una: Questa mia vita quanto è meschina!
Chiù chi ci pensu lu miu senziu sferra! Più ci penso e più la mia ragione si perde!
Una frasca sdisèrrama e scintina Una frasca inetta e inutile
Vidi comu va in aria linna e sghérra! vedi come va in aria leggera e fastosa!
L’autru, niscenn’un cornu da la tasca, L’altra, uscendo un corno dalla tasca,
Si arma lu cannocchiali so maniscu, si arma il cannocchiale di sua mano,
Guarda, e poi dici: Un ti pigghiari basca: guarda e poi dice: “Non ti pigliare affanno:
Chistu è un jocu di sorti buffuniscu, questo è un gioco della sorte buffonesco,
Pri tantu vola in autu sta frasca per tanto vola in alto questa frasca
Pirchì è vacanti, ed àvi ventu friscu. perché è vuota e spinta dal vento fresco”.