L’Etna, “a Muntagna”, patrimonio dell’Unesco. Madre, complice, nemica. Viaggio nelle emozioni
E’ lei, “a Muntagna” per gli abitanti della zona etnea, quasi una parente. Una presenza cui non puoi sottrarti; ovunque volgi lo sguardo è lì imponente, maestosa nei suoi 3350 metri di altezza. Ora ammaliante, ora minacciosa, ma sempre attraente e fascinosa. Nera, cupa, con i suoi 570.000 anni alle spalle, si lascia abbracciare, quasi con civetteria, da un mantello bianco che, nella sua raffinata eleganza, nasconde e ripara un’irrequietezza adolescenziale.
Sbuffa spesso, l’Etna, patrimonio dell’UNESCO, trema e fa tremare, si agita e fuma; altre volte bolle, borbotta ed esplode e allora sì che si fa sentire. Sono lampi e tuoni e come tuona lei lo sentono i paesi vicini e anche lontani e lei non fa niente per passare inosservata, non si nasconde; si fa vedere fin lontano e dove non arriva fisicamente, con le sue spettacolari immagini, arriva con la sua fama; le sue intemperanze vengono diffuse nell’etere perchè il mondo le conosca. E il mondo corre ad omaggiarla, a conoscerla. Perchè se la conosci non la temi.
Chi assiste ai suoi spettacoli è affascinato, soprattutto quando lava, colonne di fuoco e lapilli si stagliano alti nel buio della notte e poi scendono come fiumi incandescenti. Un po’ meno spettacolari sono le piogge di ceneri che si depositano ovunque e che gli abitanti dei paesi intorno trovano sui balconi, sulle auto, sui terrazzi e sulle strade. Il traffico ne soffre e diventa difficoltoso; ne sa qualcosa l’aeroporto di Catania-Fontanarossa, Vincenzo Bellini, che spesso rimane chiuso e sospende i voli! Una marea di visitatori, di studiosi, di appassionati arriva da ogni parte del mondo.
L’Etna è il gigante buono che un po’ spaventa, ma si fa anche accarezzare. Puoi andare a guardarlo da vicino, sfiorare le sue pietre, camminare sulle sue rocce, con rispetto; si può andare fino in alto, sì, ma in sicurezza, informàti, con le attrezzature e gli equipaggiamenti adeguati, con le strutture e le giuste direttive, possibilmente appoggiandosi alle guide. Puoi salire su su, per tante vie, tanti percorsi, tanti itinerari. Puoi fare da solo, con i tuoi mezzi, o con gruppi organizzati. Puoi fermarti fin dove puoi o andare oltre. Come per tutto, nel rispetto delle proprie potenzialità e nel rispetto del luogo. Sempre informàti e consapevoli.
Se decidi di andare in proprio, con la tua macchina, subito dopo aver lasciato gli ultimi abitati, ti accorgi di come cambi l’atmosfera, di come entri in un’altra dimensione; d’improvviso non ti bastano più i tuoi occhi, ne vorresti avere cento, mille, attaccati ovunque. Ed è allora che l’emozione diventa quasi infantile, gridi, ti volti e ti rivolti, ti manca il fiato.
Tutto è nero, curve e assenza di riferimenti; quella linea bianca che, in città, ti indica le corsie di una strada; ti senti sospesa, come sbalzata, sollevata dal sedile, e su sempre più su, tornante dopo tornante, nel buio nero delle strade, mentre ai lati appaiono macchie di neve, neve sulla lava, lava sulla neve, bianco e nero finché arrivi in una piazzola, parcheggi e metti i piedi per terra, in tutti i sensi, tocchi terra. Ma non sei sulla terra, no, sei sulla luna. Quello è un paesaggio lunare. Eccoli lì i crateri e poi, piccole piccole, scorgi le formichine che ci camminano sopra e ci girano intorno.
Ti fai coraggio e vai anche tu, formica tra le formiche, saltellando di gioia e un po’ di paura. Che paesaggi, tutt’intorno; fanno male gli occhi e di colpo pensi a Dante e ti chiedi: “Forse era stato qui quando, nella Divina Commedia, immaginò l’inferno come un cono rovesciato?” Ma no, questo non è l’inferno, sono crateri, bocche spente, millenarie, e mentre sei lì eccitata e incredula, assisti a un fenomeno che ti lascia senza fiato. Un cerchio bianco, come un’aureola, si alza nel cielo, gira, danza, diventa sempre più grande e va sempre più su, su su fino a sfumare.
L’Etna sta fumando, forse sta sudando? E poi scopri che sono aureole di vapore che cominciano a girare, come degli hula hoope, per effetto dell’aria calda che al centro si muove ad una velocità superiore. E rimani estasiata e ti sembra di poter toccare il cielo perchè ci sei proprio vicina. Ti ritornano alla mente certi cerchi, piccoli però, che facevi con la sigaretta, trattenendo le boccate di fumo; ti senti un po’ più vicina a quel gigante che gioca a dipingere i cerchi nel cielo.
Quando lasci la macchina, al parcheggio, sei a ridosso del rifugio Sapienza, a 1.900 metri d’altezza. Da qui puoi salire a quota 2.500 in funivia. Ed è un viaggio spettacolare; ciò che vedi mentre ti inerpichi, in cabina, sospesa nel vuoto, non ha uguali. Poi, con le Jeep, puoi arrivare fino a quota 2900 metri. Andare con la Jeep è un’altra di quelle esperienze da parco giochi che non si può descrivere. Questa viaggia su rocce, è tutto un sobbalzo, uno scossone via l’altro. Ci si urla dentro, divertiti e spaventati: “Speriamo di non andare a sbattere!”
Scendi e sei davvero sulla luna, o molto vicino. Si, credo sia proprio l’ultima stazione prima delle nuvole; intorno a te si apre un panorama che puoi solo fotografare col cuore perchè gli occhi non ce la fanno a contenerlo tutto. In fondo la valle del Bove, uno scialle bianco, ricamato da un dio vanitoso, che l’ha lanciato su quella parete nera, per far sapere al mondo quanto è grande lui. In fondo, di là, il mare e tanto nero su nero, e neve, e neve su nero. Questa è l’Etna, “a Muntagna”, quella emozionale, quella da conoscere e vivere, noi comuni mortali. Quella per studiosi, appassionati, scienziati o operatori del turismo ha i suoi canali di informazione dove attingere tutti i dettagli e le specificità necessarie. Io mi fermo qui!