Il castello di Venere, il grandioso e misterioso monumento che “domina” la vetta di Erice
Sulla vetta di Erice, in perfetta armonia e quasi in continuità naturale con la rupe sopra la quale è costruito, sorge l’imponente castello di Venere. Per centinaia di anni è stato sede di diversi culti e riti, tutti facenti capo al culto della fecondità.
Secondo la mitologia, Erice venne eretta dal re Erix, figlio di Venere e di Bute, un componente della mitica spedizione degli Argonauti, che dalla dea fu salvato dopo essersi gettato in mare attirato dall’irresistibile canto delle sirene. Proprio al periodo del regno del re Erix risalirebbero le antiche mura della città e il tempio di Venere, individuato nella zona a sud-est della rocca, all’interno del perimetro del castello.
Secondo gli studiosi, il tempio era circondato da un portico e delimitato da un bosco sacro. All’ingresso del tempio si trovava una vasca per le abluzioni usata dagli uomini prima di incontrare le Ierodulie, le sacerdotesse che praticavano la prostituzione sacra in favore della divinità
Gli unici resti ancora visibili della struttura del santuario all’interno del castello sono alcuni muri di una casa punica, e alcuni blocchi in pietra che segnalavano le postazioni delle sacerdotesse, un bagno romano e un’antica cisterna.
Le sacerdotesse che si prostituivano in favore della dea, spesso, godevano di un’eccellente reputazione e i santuari che le ospitavano erano molto ricchi e, come nel caso di Erice, strategicamente costruiti sulle rotte commerciali per essere frequentati da marinai, mercanti e viaggiatori. Si racconta che da un punto non preciso del castello, si troverebbe l’entrata di un cunicolo sotterraneo, dal quale si giungerebbe ai piedi della montagna nei pressi del porticciolo di Bonagia, o secondo altre fonti addirittura nei pressi del porto di Trapani.
Nell’alto medioevo gran parte dei resti del santuario dedicato alla dea erano già andati perduti, e nell’area, intorno al XI-XII secolo d.C. i normanni costruirono un castello e una chiesa dedicata a Santa Maria della Neve.
La fortezza fu “piazza reale” per i viceré aragonesi fino al XVI secolo. Con i Borboni poni venne trasformata in carcere. Agli inizi del XIX secolo passò al comune, che la diede in concessione al conte Agostino Pepoli in cambio di un restauro.
Il castello era collegato al resto della vetta da un ponte levatoio, ora sostituito da una gradinata, costruito secondo la mitologia da Dedalo, il leggendario architetto del labirinto di Cnosso.