Tracce preistoriche ed antichi riti solari. La grotta Emiliana e la grotta di Polifemo a Bonagia
di Sergio Pace
La fascia costiera settentrionale trapanese offre veri e propri tesori naturalistici e scorci suggestivi, nonché un interessante itinerario lungo le grotte preistoriche che caratterizzano il litorale che da S. Cusumano giunge fino al Monte Cofano. Una delle più importanti ed ampie è la grotta Emiliana, sita in località Bonagia, a 60 metri s.l.m.
La grotta venne perlustrata dal professore marchese Guido Dalla Rosa, che effettuò ricerche paleotnologiche nel litorale di Trapani nel 1869. La grotta presenta nel fondo, ai due lati, due ampie cavità, al centro delle quali insiste una breccia ossifera costituita da due strati ben distinti. Quello inferiore era costituito da frammenti di zanna di elefante, mentre quello superiore da avanzi di pasto, mescolati insieme ad ossa, selci, conchiglie, ceneri e carboni. Il motivo per cui sono state rinvenute ceneri va ricondotto al fatto che gli abitanti preistorici della grotta erano soliti cuocere i cibi. Sempre nella breccia ossifera sono stati rinvenute anche tracce di grani bruciacchiati.
Il piano della grotta doveva presentare un corposo deposito di frammenti ossei di diverse specie animali, equus caballus, cervus elaphus e sus scropha. Per quanto riguarda utensili ed armi in pietra, numerosi erano i punteruoli, alcuni intatti, altri usati, e questo porta a pensare che gli abitatori, dopo aver catturato le loro prede, si ricoprivano delle loro pelli. Proprio affianco, di minori dimensioni, è la grotta di Polifemo, o meglio un “riparo”, dove in una nicchia sono presenti dei pittogrammi preistorici.
La grotta di Polifemo presenta due grandi vani che sono separati da uno stalagmite che si congiunge al soffitto come un pilastro. Probabilmente frane e smottamenti nel corso del tempo hanno fatto si che all’ingresso del riparo si trovino numerose rocce. Nella parte sinistra della grotta, il vano rialzato presenta un soffitto basso e digradante verso il fondo. Qui possiamo trovare il pittogramma di un labirinto, di una figura antropomorfa e di alcune rappresentazioni zoomorfe in ocra rossa. Il complesso pittorico dovrebbe risalire intorno al 3000 a.C. e proprio la raffigurazione di questo labirinto arcaico, formato da sei volute concentriche ed ellittiche, risulterebbe più vecchio rispetto ai più antichi esemplari di labirinti presenti nella Carelia e nel Baltico.
A lato del labirinto vediamo rappresentata una figura antropomorfa (qui il colore rosso va sempre più degradandosi), costituita da una testa stilizzata, le due braccia alzate, mentre il resto del corpo risulta a “campana”. Con un occhio attento, nella mano sinistra della figura si può scorgere un oggetto di colore scuro, forse un corno. L’intera figura sembra ricordare nella sua forma quelle antiche raffigurazioni e statuette delle divinità femminili della civiltà minoica.
Sempre sul soffitto roccioso, poco più in la rispetto al labirinto ed alla figura antropomorfa, notiamo delle tracce poco chiare e sbiadite, ma che dovrebbero raffigurare un toro in stile orientale, due code di pesci (dei tonni?) e delle piccole macchie di colore rosso che, secondo alcuni studiosi, simboleggerebbero delle stelle o costellazioni.
La grotta di Polifemo è stata recentemente anche oggetto di vari studi archeoastronomici, dal momento che l’ingresso della grotta è rivolta verso nord-ovest. Questo significherebbe che risulta potenzialmente allineato col tramonto del sole nel giorno del solstizio d’estate. Ciò che viene fuori è un effetto scenografico spettacolare, con i raggi solari che vanno a lambire il complesso pittorico della grotta di Polifemo. Gli antichi conferirono dunque un valore sacro alla grotta, dotandola di quel complesso pittorico, con l’immagine del labirinto (o del sole), della figura antropomorfa e delle altre raffigurazioni simboliche, strettamente correlato ai riti solari che vi si svolgevano durante il solstizio d’estate.