Salemi: il rito della cena per San Giuseppe di Nazareth, custode della Sacra famiglia
Le cene di San Giuseppe che si celebrano in Sicilia il 19 marzo, nascono come atto di ringraziamento e propiziazione di una grazia da parte del santo custode della sacra famiglia di Nazareth.
E’ una festa, dalle origini molto antiche, che si collega al culto di Demetra e Persefone. La leggenda narra di Demetra, dea dell’agricoltura, che passava il suo tempo a coltivare il suo bellissimo giardino che era la Sicilia e ad occuparsi della figlia, Persefone. Un giorno il dio degli inferi, Ade, si invaghì di questa fanciulla e la rapì portandola con sé nel regno degli inferi. La disperazione della madre fu tale che non si occupò più dell’agricoltura, mandando il suo giardino in malora e i siciliani in carestia.
Dopo numerose preghiere a Giove, fu raggiunto un accordo: la giovane sarebbe rimasta per 6 mesi con il suo sposo nel regno degli inferi (si fa coincidere questo periodo con l’autunno e l’inverno, mesi di ristagno dell’agricoltura) e per 6 mesi con sua madre (questo periodo coincide invece con la primavera e l’estate, periodi di rigogliosità della natura).
Per festeggiare la venuta della fanciulla a primavera, i contadini offrivano alla dea i prodotti tipici della nostra terra, frumento, olio, uva e frutti. Con l’avvento del Cristianesimo l’iconografia Cristiana prese il sopravvento sul rito, anche se in alcuni simboli si può intravedere ancora l’origine pagana del rito.
Il 19 Marzo di ogni anno a Salemi, si svolge una delle più importanti feste della tradizione religiosa siciliana, la Festa di San Giuseppe, che richiama ogni anno migliaia di visitatori provenienti anche da altre regioni d’Italia. I preparativi cominciano molto tempo prima.
Accanto all’altare appositamente preparato per l’occasione si consuma la cosiddetta “cena”, ovvero il banchetto che vede protagonisti tre bambini che rappresentano la Sacra Famiglia (Gesù, Giuseppe e Maria), raramente i bambini sono 5 (con l’aggiunta di Sant’Anna e San Gioacchino). L’origine di quest’altro rito è da collegare agli inviti che le persone abbienti solevano fare ai bambini poveri come buona azione.
La cena è costituita da un minimo di 19 ad un massimo di 101 pietanze (numero tradizionale), tutte a base di verdure, frittate, legumi, pesci, frutta e dolci, tra queste non c’è la carne per via della Quaresima. Il pranzo comincia verso le 12, dopo che il sacerdote ha benedetto i cibi e l’altare. Il padrone di casa lava le mani ai tre bambini (ciò ricorda quando Gesù lavò i piedi agli apostoli). L’acqua utilizzata non viene mai buttata, ma utilizzata per annaffiare le piante.
I bambini si siedono al tavolo e quello che rappresenta Gesù taglia una forma di pane benedetto secondo la tradizione, la fetta tagliata, più o meno grande, sarà simbolo della buona o cattiva annata. Allo scoppio del mortaretto comincia il banchetto e arriva così il primo piatto che consiste in una fetta di arancia, simbolo di abbondanza e auspicio di grazia e prosperità. Si susseguono così le varie portate, precedute tutte dal grido: VIVA GESU’, GIUSEPPE E MARIA.
Durante il banchetto i bambini offriranno le pietanze ai presenti, che non potranno rifiutare, perché così facendo rifiuterebbero la grazia di Dio. Il banchetto si conclude con PASTA CON LA MOLLICA: spaghetti conditi con mollica, olio di oliva, zucchero, cannella e prezzemolo.