Piume, specchietti, campanelli e pon pon. Le allegre e colorate bardature dei carretti siciliani
Simbolo indiscusso della sicilianità, il carretto siciliano, è sicuramente figlio della storia e della tradizione della nostra Sicilia. Ammirato ed esaltato da scrittori famosi, per la sua bellezza, la sua sfarzosità e per il suo significato che si è trasformato nel tempo, è stato ispirazione per pittori, gioiellieri e artisti vari, influenzando la moda e l’arte in tutti i settori.
La sfarzosità delle decorazioni “raccontava” del suo proprietario e dell’attività cui era destinato. Più erano appariscenti gli addobbi, più attiravano l’attenzione. A trainare il carretto siciliano c’era il cavallo, adeguatamente addobbato a festa, scintillante e tintinnante. Era uno spettacolo di luci e colori, di suoni e di luccichii, di movenze delicate nei fiocchi variopinti, nei nastri svolazzanti. Tutto era finalizzato a richiamare l’attenzione, a “farsi notare”, una sorta di pubblicità itinerante.
Oggi relegato a importanti momenti di rappresentazioni folkloristiche, il carretto siciliano attrae e affascina sempre. Le decorazioni del carretto, nella loro sontuosità, continuano negli addobbi del cavallo. Sulla sua testa si fa notare, immediatamente, un pennacchio di colore giallo e rosso, i colori, presenti in tutto il carretto, simbolo della Sicilia. Questo pennacchio ondeggia al ritmo dell’andatura dell’equino, sventola come bandiera, simbolo di pomposità che si aggiunge a tutti gli altri paramenti. Infatti un altro pennacchio s’innalza sul dorso del cavallo. Entrambi i pennacchi sono realizzati con penne pregiate, di pavone, e con piume colorate.
Tanti sono gli artigiani pellettieri, designati e specializzati per “vestire” il cavallo, ciascuno con un titolo diverso a seconda della parte dell’equino da addobbare. C’è il varduraru e il siddaru per il basto che viene posto sulla schiena del cavallo sul quale, appunto, si innalza il pennacchio.
C’è poi il guarnamintaru addetto ad arricchire ogni parte del quadrupede con tutti i finimenti, definiti “armiggi“, come fiocchetti e frange, di lana e di seta, dai mille colori. Non mancano ciondoli, specchietti e sonagliere che annunciano il passaggio del carretto e non lasciano di certo passare il cavallo inosservato. Ancora nastri, piastre, borchie, paraocchi, pettorali, cinghiette e altri finimenti speciali.
Anche il pettorale che è interamente ricamato e da cui partono frange, fiocchetti di lana, pon-pon, ecc. Non c’è settore di questo spettacolo ambulante che resti senza addobbi. Persino le catene vengono coperte con il pistuleri, in cuoio abbellito, pitturato o ricamato, come i paraocchi e il grembiule, il fantali, sempre dipinto o ricamato e adornato con campanelline, bottoncini, fiocchi di lana, ecc.
Viene adornata ogni parte del cavallo. C’è quindi il supracozzu, la cuddera, il suttapanza e la grippera. Quest’ultima serve a rivestire gli arti del cavallo, anche questa abbellita con fiocchetti. nastri, cianciane e ciondoli vari. Una vetrina di cose belle che si fanno notare, ammirare e che, durante le rievocazioni folkloristiche, lasciano una scia di storia al loro passare e forse una velata malinconia.
E nelle case dei nostalgici, soprattutto di chi vive lontano dall’amata terra, non manca certamente, su una mensola, un carrettino, ridotto a souvenir, magari vicino a un pupo siciliano a raccontarsi storie di paladini, di vita contadina, di glorie e di stenti!