Per sbiancare il bucato e colorare le mura di casa. Azolo, la magica polverina blu delle nostre nonne
Nel pronunciare il termine azolo si evocano immancabilmente immagini di bucato, lenzuola stese al sole che sventolano bianchissime, annodate a una corda tesa tra alberi o sostegni vari sui prati o, più prosaicamente, su terrazze di palazzine dove nonne e anche mamme, come la mia, combattevano con “l’astracu”. E nell’immaginario di noi bambine la vedevamo, la nostra mamma, agitare le braccia contro questo bucato indisciplinato come fosse una moderna don Chisciotte. Perché la cura del bucato era una priorità e un vero e proprio rito.
Era una forma di orgoglio, un punto quasi di onore, esporre un bucato bianchissimo, candido più che la neve, anzi tendente all’azzurrino come se, con il vento e con il sole, anche una punta di cielo l’avesse accarezzato nell’asciugarlo. Loro conoscevano bene il segreto: un po’ di azolo sciolto nell’acqua e quel giallognolo triste, quell’opacità che prende il bianco anche solo nei cassetti, di colpo spariva e dava il posto al bianco fulgido, mettendo in mostra la cura, l’affetto a quella biancheria che doveva durare a lungo e mantenersi bella.
L’azolo si presenta in polvere ed è un prodotto chimico che ha nella sua componente un atomo di azoto. Non so se le nostre nonne si intendessero di reazioni chimiche, ma sapevano ben dosare la quantità da sciogliere nell’acqua perchè il dosaggio avveniva nelle bacinelle o nelle famose “pile ri petra” oppure nelle vasche da bagno prima che si diffondessero le lavatrici.
L’attenzione va data alla quantità di azolo che è ben spiegata nelle confezioni che troviamo in drogheria e nei supermercati. Si può metterlo nel vano detersivi o usarlo nel vano ammorbidente. Il risultato non deve essere azzurrognolo perchè sarebbe sgradevole tanto quanto il giallognolo.
Questa polvere colorata, in alcuni paesi, veniva aggiunta alla calce per dare una leggera sfumatura di “indaco”, il colore dell’azolo, ma soprattutto perchè si riteneva tenesse lontani gli insetti. Si chiama azolo quella sabbia dal colore grigio-nero che, nelle zone intorno all’Etna, caratterizza i terreni rimasti sepolti dalla lava. Oggi questa sabbia viene usata, aggiunta alla malta, nell’edilizia. Inoltre l’azolo viene utilizzato anche come fertilizzante in agricoltura.
Ricordo un amico che aggiungeva una punta di azolo agli “specchi d’acqua” per creare i laghetti, gli zampilli e le cascate, regalando un’anima più vera e suggestiva all’allestimento del suo presepe che curava con inverosimile passione!