Le Gole del Drago nei pressi di Corleone, un sito di una bellezza e di una poesia ineguagliabile
Spesso i due termini, canyon e gola, sono usati in modo intercambiabile; esistono tuttavia alcune importanti differenze tra un canyon e una gola sia per la dimensione ma anche per l’origine, il luogo e il modo in cui si sono formati. Sono entrambi delle valli profonde dovute a un’erosione. Il canyon è spesso più largo rispetto ad una gola e si trova in terreni aridi; le gole sono invece associate ai fiumi.
Immergersi in un paesaggio attraversato da una gola è un’esperienza da non perdere; spesso l’abbiamo proprio sotto casa e non lo sappiamo. Oggi scopriamo insieme le Gole del Drago, in una piccola frazione appartenente al comune di Monreale ma vicinissima a Corleone. Si tratta del borgo Schirò, un paesino nato negli anni trenta del novecento, in un periodo in cui si voleva favorire la colonizzazione del latifondo per far sì che i contadini non abbandonassero il lavoro dei campi. Comprende a mala pena una ventina di case intorno a una chiesa; una scuola, un negozietto e altri primordiali servizi, funzionali a scongiurare l’abbandono che inesorabilmente avvenne negli anni sessanta.
Ma la natura non abbandona il proprio territorio, anzi lo esalta, lo arricchisce, si dona generosa. E là, dove prima c’era una strada ferrata, che collegava Palermo a San Carlo, oggi c’è una panoramica pista ciclabile all’interno della “Riserva naturale orientata Bosco della Ficuzza, Rocca Busambra, Bosco del Cappelliere e Gorgo del Drago”, e parallelamente, seguendo la strada che collega Ficuzza con Corleone, si arriva giusto nel punto in cui il Frattina si butta tra le rocce regalandoci, soprattutto dopo abbondanti piogge e al culmine della sua prorompente bellezza, spettacolari mulinelli e piccole piscine.
Le Gole del Drago si sono formate per l’incessante azione di erosione e infiltrazione, appunto, del fiume Frattina, che è un affluente del fiume Belìce sinistro. Il fiume ha scavato, col suo incessante scorrere, e si è inoltrato in un tratto di roccia calcarea che presenta forte pendenza, creando, nel suo procedere ora laghetti ora cascatelle spettacolari, offrendoci un paesaggio che ha del surreale, per poi scomparire e riapparire immerso in una vegetazione che non si risparmia tra felci, salici, pioppi, olmi e con tante piante rupestri come l’euforbia legnosa, il cavolo di monte, il garofanino ed il cappero, compagni silenziosi di colombi, taccole e rapaci come il gheppio e il falco pellegrino.
Da alcune tracce visibili si intuisce l’uso dell’acqua, convogliata verso un mulino. E’ possibile arrivare fino alla vasca principale del percorso del fiume dove si può sostare all’ombra di grandi salici. E qui il Frattina, dopo aver dato sfogo alla sua vivace esuberanza torrentizia, dopo averci regalato un’oasi di refrigerio e di pace spumeggiante, scende, con recuperata quiete, verso il Belìce, assumendo un andamento più tranquillo, più maturo e, insieme, si avviano verso il mare.