Il magistrato siciliano Rosario Livatino è stato proclamato Beato. Il Papa: “Martire di giustizia”
Rosario Livatino, è stato proclamato Beato dalla Chiesa nel corso di una cerimonia svoltasi ieri, 9 maggio, nella Cattedrale di Agrigento. Il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, alla presenza dei vescovi e dei sacerdoti siciliani, ha dato lettura della disposizione di Papa Francesco: «Accogliendo il desiderio del cardinale Francesco Montenegro, e di molti altri fratelli nell’episcopato e di molti fedeli, concediamo che il venerabile Rosario Livatino, laico e martire che nel servizio della giustizia fu testimone credibile del Vangelo, d’ora in poi possa chiamarsi beato».
Livatino, ucciso il 21 settembre del 1990 da quattro killer della Stidda, la mafia la conosceva bene, la incontrava ogni mattina uscendo dalla propria abitazione. A pochi passi dalla sua casa, nel centro di Canicattì, abitava infatti il boss Calogero Di Caro.
Già impegnato in delicate inchieste antimafia nonostante la sua giovane età, chi fosse quel signore che lo salutava in modo deferente lo sapeva molto bene. All’inizio degli anni ’80 era entrato a far parte come sostituto della Procura di Agrigento. Un pool di magistrati affiatati, guidato dal procuratore Elio Spallitta, del quale facevano parte anche Salvatore Cardinale e Roberto Saieva, che aveva cominciato a indagare sulle cosche agrigentine. Indagini che portarono Livatino a collaborare, insieme al Gip Fabio Salamone, con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Un magistrato schivo e riservato, che ogni mattina prima di recarsi al Palazzo di Giustizia di Agrigento, si raccoglieva in preghiera nella vicina chiesa di San Giuseppe. Una fede testimoniata anche da un altro “segreto”. Gli investigatori impiegarono mesi per decodificare l’acronimo “S.T.D.”, riportato su appunti, documenti e quaderni del magistrato e inizialmente scambiato per un codice segreto. Alla fine si scoprì che si trattava di un costante affidamento che Livatino faceva a Dio: le tre lettere stavano per “Sub Tutela Dei” (sotto la protezione del Signore”). Tanto che i mafiosi lo definivano in modo sprezzante il “santocchio”. Anche per questo motivo le autorità vaticane hanno riconosciuto che il martirio di Livatino avvenne “in odio delle fede”.
Papa Francesco, al termine del Regina Coeli in Piazza San Pietro, ha reso omaggio al giovane magistrato con queste parole : “Nel suo servizio alla collettività come giudice integerrimo, che non si è lasciato mai corrompere, si è sforzato di giudicare non per condannare ma per redimere. Il suo lavoro lo poneva sempre sotto la tutela di Dio, per questo è diventato testimone del Vangelo fino alla morte eroica. Il suo esempio sia per tutti, specialmente per i magistrati, stimolo ad essere leali difensori della legalità e della libertà. Un applauso al nuovo beato!”.