Era l’antenato dei moderni scaldaletto: “U ciccu pu lettu”
Girava per le stanze, a volte in cucina, a volte in bagno e poi spariva sotto le coperte! Non era uno sconosciuto né un intruso; era un amico, compagno dei giorni freddi, l’amico dei panni da asciugare, delle magliette da scaldare: “u ciccu”.
Era composto da un braciere in terracotta che doveva contenere le braci e da una cupola di legni intrecciati che, oltre al compito di accogliere i panni da asciugare, aveva quello di scongiurare incidenti “domestici”. Mia nonna, il braciere, lo chiamava “u cufuni”. Era il centro della casa. Era la stufa, il punto di ritrovo nelle pause, quando ci si sedeva a chiacchierare o a studiare.
Era la moderna asciugatrice, perché dopo aver steso i panni all’aria, al vento, nelle giornate invernali, bisognava dare l’ultimo colpo di calore per essere sicuri che sparisse da essi tutta l’umidità. E ricordo la mia mamma che teneva la maglietta di lana a scaldare sopra quella cupola e, mentre faceva il bagnetto al fratellino, per non disperderne il calore, la custodiva veloce sul suo petto, prima di metterla al bimbo. Momenti di tenerezza indelebili.
Questo braciere col suo inseparabile compagno, dopo aver scaldato e adempiuto agli innumerevoli compiti, prima di spegnersi, finiva la sua giornata sotto le coperte e diventava “u ciccu pu lettu”, posto lì a scaldare quelle lenzuola che sembravano bagnate. Poi sono arrivati i termosifoni e tanto altro!