Quando giocare per strada era divertente e non esistevano i social network
Avevamo degli amici reali ed eravamo felici
E’ sufficiente trovare una foto nel cassetto, sciupata e in bianco e nero. Ti passa davanti la vita; fiumi di emozioni, ricordi belli e nostalgia di tempi lontani. Io ho la fortuna di avere avuto, anche, 2 fratelli dopo di me e uno molto vicino come età. Avevo appena finito la 1^ elementare ed eravamo andati ad abitare nelle prime case popolari di Trapani. C’erano solo tre palazzine, in una zona nuova, con tanto spazio e ancora tanta campagna.
Sì, sembra preistoria, fiera del bestiame, il lattaio che al mattino portava il latte a casa. Le mucche che si ritiravano per rientrare in stalla; poche o quasi niente macchine. Oggi agglomerati di case, quartiere irriconoscibile, fin troppo mutato, diciamo violentato! E stamattina, forse complice lo scirocco, mi si stagliano davanti agli occhi immagini di casa, di famiglia, di fratelli, giochi perduti.
I “giocattoli” del passato
“U strummalu” Qualcuno lo ricorda?
Una trottola di legno con un chiodo al centro, avvolta dalla lenza, un lungo spago. Con un gesto brusco del polso, e contemporaneamente aprendo la mano, si gettava a terra, liberandola dallo spago, facendola ruotare. Lo scopo del gioco era quello di far durare la rotazione il più a lungo possibile. C’erano diversi modi di lanciare u strummalu : a fimminina, a masculina, a ‘mmazzari
Lo “strummalo” cominciava a girare, cioè piriava con un gioco ad effetto. Poi si raccoglieva sul palmo della mano ed io ero anche capace a farlo; non era semplice! Se invece non girava bene, quindi era una chianca, veniva punito con le mazzate. Non credo che io e Pietro sapessimo tutte queste regole ma abbiamo giocato tanto e io ero anche brava!
Mentre scrivo mi viene in mente anche il gioco col “carruzzuni”. Un antenato del monopattino, un asse di legno con delle rotelle che nella versione più sofisticata aveva anche lo sterzo! Io giocavo con mio fratello, forse ci sarà stato qualche altro bambino.
Giochi all’aperto per tutti
Ero una bambina e non era certo un gioco femminile. Ma noi avevamo una mamma che, pur non avendo letto tutorial di come si “fa la mamma” né aver frequentato scuole montessoriane, ci lasciava liberi di giocare, nel rispetto della nostra età, del bisogno di crescere e nel rispetto delle regole.
Intanto alla mente affiora un altro gioco, il “giro d’Italia” disegnato per terra col carbone, o con un gesso da sarta, nella veranda di casa. Unico accessorio i tappi delle gazzose. Si percorreva il tracciato spingendo con uno scatto del pollice il tappo. Non credo conoscessimo regole o punizioni, magari sì, ma non le ricordo. Ma se lo conservo nel mio cuore così nitido e con tanto piacere vuol dire che giocavamo per giocare e giocare aiuta a crescere. Non avevamo lezioni di ballo, palestra o corsi d’inglese; tempi semplici ma bellissimi!
Un altro gioco nel quale mi cimentavo era quello che in italiano è detto “della cavallina”. Noi lo conoscevamo sotto l’urlo di “ABBÌRIRI CHI MI NNI VEGNU E RICU “ÀSCHI”… ecc
Il ricordo di questi giochi, a distanza di tanti anni, ha il sapore della spensieratezza, della libertà. Anche la nostalgia dell’età, della mia terra e di qualcosa in più che fa male. Per oggi ho giocato abbastanza. Chiudo il libro dei ricordi e ritorno a fare la pensionata!