Ricorrenze

2 Giugno 1946 quando, alle donne italiane, per la prima volta, fu dato il diritto al voto

Il 2 Giugno 1946, per la prima volta in Italia, le donne furono chiamate a votare quando, con un referendum istituzionale, con la caduta del fascismo, bisognava decidere le sorti dell’Italia.  Monarchia o Repubblica: questo era il quesito referendario. Nella stessa data si votava per l’Assemblea costituente. (Il voto non fu esteso alla Venezia – Giulia e all’Alto Adige perché tali regioni erano ancora sotto l’occupazione alleata).

Fu in data 30 gennaio del 1945 che, mentre in Europa imperversava ancora la coda della Seconda Guerra Mondiale e il Nord Italia era occupato dai tedeschi, durante una riunione del Consiglio dei ministri, si propose, da parte di due partiti, di dare il voto alle donne che avessero compiuto i 21 anni di età.

La questionevoto alle donne fu discussa e messa ai voti e così il 1° febbraio 1945 venne emanato il decreto legislativo n. 23 che conferiva il diritto di voto alle italiane con più di 21 anni; per aver diritto ad essere votate sarebbe stato emanato un nuovo decreto con il n. 74 il 10 Marzo del 1946. E così, già qualche mese prima del 2 Giugno, le donne votarono in alcune amministrative comunali e per la prima volta nella storia vennero anche elette due donne sindaco.

Curiosità, oggi anacronistiche. Il Corriere della Sera intitolava, spronando le donne al voto: – “Senza rossetto nella cabina elettorale”perché dovendo incollare la scheda, il rossetto non inficiasse la validità del voto! E continuava: – “Dunque, il rossetto lo si porti con sé, per ravvivare le labbra fuori dal seggio”. Queste donne fragili, incapaci, che avevano bisogno di essere guidate, imboccate, ma sempre abbellite, oggetto di rappresentanza!

E ancora la voce della Chiesa che così spronava le donne a partecipare: – “Ogni donna … ha il dovere di entrare in azione per contenere le correnti che minacciano il focolare, per combattere le dottrine che ne scalzano le fondamenta…” Non tutti erano d’accordo naturalmente nel concedere alle donne il diritto di votare perché si sa che quando si devono concedere diritti ad altri si teme sempre di perdere parte dei propri.

“Mentre si muore di fame ci si preoccupa del voto alle donne” – intitolava in quel frangente “Il Resto del Carlino”. Concetto purtroppo molto diffuso ancora oggi tra chi, aggrappato ai propri privilegi, teme di esserne privato.

Tanta strada ancora da percorrere perché il concetto di parità da teoria si traducesse in pratica. Quando frequentavo le medie io c’era una materia che si chiamava “economia domestica”. I miei compagni uscivano a quell’ora, erano esonerati di diritto dall’economia domestica perché si riteneva che la cura della casa e di tutto ciò che girava e gira intorno ad essa fosse appannaggio esclusivo delle donne.

Nel frattempo c’è stato il 68, l’emancipazione della donna, il femminismo, le leggi sul nuovo diritto di famiglia e l’autodeterminazione della donna. Le nostre eccellenze vanno nello spazio, sono ricercatrici, scienziate affermate, onorevoli, dirigenti e tanto ancora.

Esercitano professioni ad alti livelli, partecipano a competizioni sportive; occupano posti di grande responsabilità; sono chiamate a risolvere situazioni delicate con grandi competenze e senso pratico e intuizione logica. Ma c’è sempre qualcuno che ci ricorda che siamo donne, spesso anzi femmine, e non gli viene in mente di chiamarci persone!

E c’è purtroppo, tristissima e ignobile cronaca di questi giorni, chi si arroga il diritto di uccidere le donne, considerate proprietà di cui disfarsi quando intralciano, inconsapevoli e innocenti, piani di insano concetto di amore, di famiglia, di libertà.

Un Commento

  1. Varrà forse la pena ricordare che durante la rivoluzione antiborbonica del 1848 le donne siciliane, con un articolo apparso il 2 luglio sul giornale “La tribuna delle donne”, rivendicarono proprio il diritto di voto. Non lo ottennero ma mi sembra importante segnalare u fatto che credo la maggior parte dei siciliani, e delle siciliane, ignora.

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