Ricorrenze

Giuseppe Di Matteo, il bambino ucciso dalla mafia, oggi avrebbe compiuto 39 anni

Oggi Giuseppe Di Matteo, il bambino rapito, ucciso e sciolto nell’acido dalla mafia avrebbe compiuto 39 anni. Giuseppe venne rapito il 23 novembre 1993 a quasi 13 anni, mentre si trovava in un maneggio di San Giuseppe Jato, i cavalli infatti erano la sua passione più grande. I sequestratori si travestirono da poliziotti facendogli credere che lo avrebbero portato dal padre, allora sotto protezione.

Racconta il pentito Spatuzza: “Agli occhi del ragazzo siamo apparsi degli angeli, ma in realtà eravamo dei lupi. (…) Lui era felice, diceva ‘Papà mio, amore mio'”. Divenne subito chiaro che il rapimento era una minaccia nei confronti di Santino Di Matteo, affinché ritirasse le sue rivelazioni a proposito della strage di Capaci. Per 779 lunghi giorni, “u canuzzu”, così lo chiamavano i suoi carcerieri, rimase nascosto in alcune masserie tra Trapani, Agrigento e Palermo, fino a quando Brusca non ne ordinò l’uccisione.

Questa la ricostruzione che il suo assassino Vincenzo Chiodo ha fatto nel corso del processo.
“Io ho detto al bambino di mettersi in un angolo, cioè vicino al letto, quasi ai piedi del letto, con le braccia alzate e con la faccia al muro. Allora il bambino, per come io ho detto, si è messo faccia al muro. Io ci sono andato da dietro e ci ho messo la corda al collo. Tirandolo con uno sbalzo forte, me lo sono tirato indietro e l’ho appoggiato a terra. Enzo Brusca si è messo sopra le braccia inchiodandolo in questa maniera (incrocia le braccia) e Monticciolo si è messo sulle gambe del bambino per evitare che si muoveva. Nel momento della aggressione che io ho butttato il bambino e Monticciolo si stava già avviando per tenere le gambe, gli dice ‘mi dispiace’ rivolto al bambino ‘tuo papà ha fatto il cornuto’ (…) il bambino non ha capito niente, perché non se l’aspettava, non si aspettava niente e poi il bambino ormai non era… come voglio dire, non aveva la reazione di un bambino, sembrava molle… anche se non ci mancava mangiare, non ci mancava niente, ma sicuramente la mancanza di libertà, il bambino diciamo era molto molle, era tenero, sembrava fatto di burro… cioè questo, il bambino penso non ha capito niente. Sto morendo, penso non l’abbia neanche capito. Il bambino ha fatto solo uno sbalzo di reazione, uno solo e lento, ha fatto solo questo e non si è mosso più, solo gli occhi, cioè girava gli occhi. (…) io ho spogliato il bambino e il bambino era urinato e si era fatto anche addosso dalla paura di quello ce abbia potuto capire o è un fatto naturale perché è gonfiato il bambino. Dopo averlo spogliato, ci abbiamo tolto, aveva un orologio da polso e tutto, abbiamo versato l’acido nel fusto e abbiamo preso il bambino. Io ho preso il bambino. Io l’ho preso per i piedi e Monticciolo e Brusca l’hanno preso per un braccio l’uno così l’abbiamo messo nell’acido e ce ne siamo andati sopra. (…) io ci sono andato giù, sono andato a vedere lì e del bambino c’era solo un pezzo di gamba e una parte della schiena, perché io ho cercato di mescolare e ho visto che c’era solo un pezzo di gamba… e una parte… però era un attimo perché sono andato… uscito perché lì dentro la puzza dell’acido era… cioè si soffocava lì dentro. Poi siamo andati tutti a dormire.”
(confessione di Vincenzo Chiodo, uomo di fiducia di Brusca e Bagarella, tratta da Atti del processo del libro “Al posto sbagliato, Storie di bambini vittime di mafia”).

Oggi, 19 gennaio, giorno del suo compleanno, vogliamo ricordarlo come il bambino che ha sconfitto la Mafia, il simbolo della fine della mafia stragista, colui che ha contribuito a rompere il muro d’omertà attorno a Cosa Nostra, a suscitare nella gente indignazione e voglia di spezzare antiche e invisibili catene.

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